19 Novembre 2016

Compie oggi 91 anni Zygmunt Bauman, uno tra i più grandi sociologi contemporanei

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L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane.

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(biografieonline.it) Zygmunt Bauman nasce a Poznań (Polonia) il giorno 19 novembre 1925 da genitori ebrei non praticanti. Successivamente all’invasione delle truppe tedesche nel 1939, quando ha diciannove anni, all’inizio della Seconda guerra mondiale, si rifugia nella zona di occupazione sovietica, prestando poi servizio in una unità militare sovietica.

Dopo la fine della guerra inizia a studiare Sociologia presso l’Università di Varsavia, dove insegnavano Stanislaw Ossowsky e Julian Hochfeld. Durante una permanenza alla London School of Economics, prepara la sua maggiore dissertazione sul socialismo britannico che viene pubblicata nel 1959.

Bauman inizia così a collaborare con numerose riviste specializzate tra cui la “Socjologia na co dzien” (Sociologia di tutti i giorni, del 1964), pubblicazione capace di raggiungere un folto pubblico. Inizialmente il suo pensiero è vicino alla dottrina marxista ufficiale; successivamente si avvicina ad Antonio Gramsci e Georg Simmel.

Una epurazione antisemita in Polonia, nel marzo dell’anno 1968 spinge molti degli ebrei polacchi sopravvissuti a emigrare all’estero; tra questi vi sono molti intellettuali che avevano perso la grazia del governo comunista; Zygmunt Bauman è tra loro: nel suo esilio deve rinunciare alla sua cattedra presso l’Università di Varsavia. Dapprima emigra in Israele dove insegna all’Università di Tel Aviv; successivamente accetta una cattedra di Sociologia presso l’Università di Leeds (in Inghilterra), dove a tratti presta servizio come Capo del Dipartimento. Da questo momento in poi, la quasi totalità dei suoi scritti sarà in lingua inglese.

La produzione di Bauman incentra le sue ricerche sui temi della stratificazione sociale e del movimento dei lavoratori, prima di elevarsi ad ambiti più generali come la natura della modernità. Il periodo più prolifico della sua carriera inizia dopo il ritiro dalla cattedra di Leeds, che avviene nel 1990, quando si guadagna una certa stima fuori dal circolo dei sociologi del lavoro con un libro sulla presunta connessione tra l’ideologia della modernità e l’Olocausto.

Le sue più recenti pubblicazioni si concentrano sul passaggio dalla modernità alla postmodernità, e le questioni etiche coinvolte in questa evoluzione. La sua critica alla mercificazione delle esistenze e all’omologazione planetaria si fa spietata soprattutto in “Dentro la globalizzazione” (1998), “Vite di scarto” (2004) e “Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi” (2007).

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