11 Aprile 2016

Referendum sulle trivelle, il presidente della Consulta: “Si deve andare a votare”

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“Si deve votare al referendum” di domenica prossima, quello sulle trivellazioni petrolifere. E’ il netto invito del presidente della Consulta, Paolo Grossi, rispondendo a una domanda sulla legittimità costituzionale dell’invito all’astensione. “Partecipare al voto – ha scandito Grossi – significa essere pienamente cittadini. Il referendum è per ognuno di noi e partecipare al voto fa parte della carta d’identità del cittadino”.

(improntaunika.it)

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Non andare a votare non è una soluzione. A sei giorni dalla consultazione referendaria, il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, lancia il suo monito: “si deve votare al referendum, certamente nel modo in cui il cittadino riterrà di votare, ma credo si debba partecipare al voto”. “Nell’urna ognuno esprime il proprio convincimento – ha aggiunto – ma partecipare al voto fa parte della carta d’identità del cittadino”.

Grossi ha parlato anche dei diritti dei migranti. “Lo stato disegnato dai costituenti è uno stato sociale di diritto, dove emerge un pluralismo sociale che diventa pluralismo giuridico. Ognuno, anche il cittadino più debole ha una gamma di diritti di cui non può essere espropriato. Gli immigrati appartengono a questo novero di cittadini” ha detto “questo stato sociale viene minato da una certa visione economicistica che proviene dall’Europa? L’Europa ha un difetto di origine, nasce dal mercato. Questa Corte ha fissato parecchi punti fermi e quella è la strada da portare avanti dove ci sono segnali di identità costituzionale – ha concluso Grossi – dobbiamo preservarli”.

A proposito della polemica tra il governo e i pm, il presidente della Consula sottolinea che “la qualità della magistratura italiana è “egregia e notevole”, il problema risiede nel fatto che “vi è un carico eccessivo di lavoro e troppo pochi giudici. Non vi è una buona struttura organizzativa. Spesso le ordinanze di rimessione sono deludenti – ha aggiunto – mancano di riferimenti essenziali che ci consentano di cogliere la questione, ma credo che questo sia dovuto al cattivo modo in cui i giudici sono chiamati a lavorare”. (AGI)

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