17 Febbraio 2016

Femminicidio: in quindici anni i figli rimasti orfani sono 1628

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Le chiamano “vittime secondarie” del femminicidio e solo in Italia, dal 2000 a oggi, hanno già raggiunto l’impressionante numero di 1.628. Sono i figli rimasti orfani dopo che la madre è stata uccisa, spesso per mano dello stesso padre. Che tipo di tutela hanno ricevuto, negli anni, questi bambini, perlopiù minori all’epoca dei fatti? Quale percorso è stato intrapreso per loro a livello terapeutico, sociale, o giuridico? Quanto e come è stato affrontato e ridotto il loro danno da trauma? Sono 128 i casi di femminicidio accertati nel 2015, mentre nei primi 40 giorni del 2016 le vittime sono già 10, con una media allarmante di una donna uccisa ogni 3 giorni. Il 2015 ha visto 118 orfani in più.

(fuccha.in)

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Femminicidio: in quindici anni i figli rimasti orfani sono 1628. “Le conseguenze che le vittime cosiddette ‘secondarie’ subiscono – spiega Lorenzo Puglisi di Sos Stalking – sono molte, e spesso irreparabili: dal trauma legato allo shock, sia per aver in alcuni casi testimoniato direttamente all’omicidio, sia per il lutto violento, all’indigenza, alla mancanza di un’educazione adeguata e di una guida in un’età molto delicata per la propria crescita. Non è raro che i figli di questo genere di lutti finiscano sulla strada della delinquenza, o della droga. Inoltre non esiste una norma specifica che tuteli o sostenga, anche economicamente, questi orfani speciali, a differenza di quanto invece accade per altre categorie, come per le vittime di mafia, o del terrorismo, ad esempio. Possiamo affermare che il dramma si somma alla tragedia”, precisa Puglisi.

Anche scorgendo il passato, i numeri confermano la drammaticità dei fatti: come riportato dall’Italian Journal of Pediatrics, dal gennaio 2012 fino al mese di ottobre 2014, 319 donne sono morte in quelli che vengono definiti femminicidi, e nella maggior parte dei casi, 209 su 319, per mano del compagno o ex compagno, all’interno delle mura domestiche. Gli orfani a causa della morte violenta della madre ammontano a 417 in meno di 3 anni, di cui 180 minori all’epoca dei fatti e 52 di questi figli coinvolti, hanno assistito direttamente all’omicidio, e di questi 30 erano minori. 18 bambini su 417 hanno perso la vita assieme alla madre, fra questi 9 erano minorenni. Nella maggior parte di casi il delitto viene compiuto con un’arma da fuoco e nel 50% di questi, all’omicidio segue il suicidio del padre. Oppure la donna viene strangolata o uccisa con un’arma da taglio.

“Questi bambini vivono una condizione di grave deprivazione affettiva, venendo a mancare la madre (care giver) che solitamente fino a quel momento si è occupata di loro, fornendo un affetto materno insostituibile, strappato brutalmente e improvvisamente – spiega Alessandra Presti, psicologa e psicoterapeuta – Allo stesso tempo devono fare i conti con la colpa del padre che genera un conflitto interiore di amore/odio dalle conseguenze devastanti. Si tratta di orfani che spesso si ‘abituano’ alla sofferenza, ad una vera e propria ‘Costanza del dolore’, perdendo la fiducia nel mondo e nell’Altro, sviluppando una sintomatologia depressiva e post-traumatica. Si possono generare convinzioni profonde di essere una persona non amabile, alimentando una bassa autostima e una sensazione di impotenza. Ecco che possono essere piu’ inclini alla criminalita’, alla prostituzione, all’abuso di sostanze. Per aiutarli è necessario comprendere precisamente il ‘Bisogno specifico’ di queste vittime all’interno di strutture specializzate e predisposte a tale fine”.

Secondo l’associazione, “qualche timido passo è stato fatto in Basilicata, con la proposta presentata nel 2011 di istituire un fondo regionale. L’esigenza, tuttavia, resta quella di istituire a livello nazionale un fondo vittime del femminicidio, esattamente come quello statuito con l’art. 278 della legge di stabilità 2016 che ha previsto un fondo di 30 milioni di euro per le vittime dell’amianto. Non si comprende, infatti, il perchè un fenomeno sociale come l’omicidio di genere non debba sortire una presa di responsabilità da parte dello Stato che troppo spesso sembra accettare in silenzio le morti che si susseguono senza soluzione di continuità”. (AGI)

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