26 Gennaio 2015

Calcio, la Basilicata un modello per l’integrazione. A Potenza “Optì Poba”, la prima squadra di profughi stranieri

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La prima squadra in Italia interamente composta da profughi stranieri è a Potenza e non è un caso visto che la Basilicata si conferma un modello per l’integrazione degli immigrati. L’associazione dilettantistica “ASD Opti Poba” non ha ottenuto l’iscrizione al campionato di Terza Categoria lucana per cavilli burocratici. Questo non ha fermato il progetto, che prosegue in un campionato amatoriale.

ASD Optì Poba (Facebook.com)

ASD Optì Poba (Facebook.com)

La prima squadra composta totalmente da richiedenti asilo politico. In campo scendono con i colori rossoblu di Potenza i richiedenti asilo che sono ospitati presso il centro di Rifreddo, a dieci chilometri dal capoluogo. Una struttura di accoglienza in cui sono presenti soprattutto immigrati dell’Africa sub-sahariana (Nigeria, Gambia, Ghani, Mali) e di altre provenienze (Bangladesh, Siria). Un’esperienza positiva per questi uomini che aspettano riscontri alle loro istanze e, nel frattempo, giocano sui campetti in terra battuta. Magari con la speranza di essere scoperti da talent-scout di importanti società.

Il nome è tutto un programma, in riferimento alla gaffe di Tavecchio. Optì Poba è il nome pronunciato dal presidente della Figc Carlo Tavecchio nel famigerato discorso che è costato la squalifica dalle massime istituzioni calcistiche. “Abbiamo preso questo nome in prestito e lo abbiamo proposto per lanciare un messaggio di integrazione”, spiega all’Adnkronos il presidente-allenatore Francesco Giuzio che orbita anche nell’entourage del Potenza calcio per il marketing sociale. “Vogliamo far capire – aggiunge – che si può fare qualcosa di concreto per includere gli stranieri nella nostra società anche giocando e facendo qualcosa che sia bello. Non ho visto del marcio nelle parole di Tavecchio, il concetto di fondo sul reclutamento di stranieri nelle società calcistiche è condivisbile ma era infelice l’appellativo di mangiabanane. Anzi, con Tavecchio mi sono incontrato e lui stesso ha chiesto perché non ci siamo iscritti alla Terza Categoria. Ho spiegato che la Figc regionale non aveva accettato per questioni di regolamento”.

La rosa della squadra in continuo mutamento: “La condivisione è la vera vittoria”. L’associazione sportiva diventa un punto di riferimento, la squadra spesso cambia perché i richiedenti asilo vengono trasferiti in altri centri e si aggiungono nuovi puntelli alla formazione. Intanto, sanno togliersi anche soddisfazioni. Il capocannoniere del torneo, Edard Leonard, è proprio della Optì Poba. “I richiedenti asilo – aggiunge Francesco Giuzio – non lavorano, non possono fare nulla nel loro status che ancora non ne riconosce la cittadinanza. Qualcuno, nel frattempo, ottiene lo status di rifugiato e cambio la formazione. Non potendo fare altro, i nostri calciatori praticano il linguaggio universale che li unisce, militando nel campionato amatoriale Opes. Non conta se non è la Terza Categoria. Giocano, fanno squadra, condividono le stanze durante i trasferimenti anche se sono di nazionalità e religioni diverse. Questa è la vera vittoria. Speriamo che qualche osservatore di grandi squadre li noti. I nostri avversari spesso si stupiscono”.

E’ un altro biglietto da visita di una regione, la Basilicata, che è diventata esempio di integrazione. “Sono persone con i piedi per terra – sottolinea l’ideatore di questa squadra multiculturale – ma sognare non costa niente, danno sempre il massimo, sperando che nella loro vita ci sia la svolta che tanto attendono. Per quanto abbiamo verificato – aggiunge Giuzio – è un’esperienza unica. Ci sono in Italia altre esperienze ma sono diverse. A Napoli, ad esempio, esiste una squadra interamente formata da stranieri, con la differenza che tra loro ci sono lavoratori”. Il rapporto “Migrantes” indica la Basilicata come crocevia di numerosi flussi migratori provenienti in particolar modo dai Paesi dell’Est Europa (Romania al primo posto), dall’Africa e dal Medio Oriente. Particolare è il caso di Matera, che ospita una comunità di circa 800 immigrati cinesi. La Basilicata continua ad essere ponte per altri luoghi italiani o europei che offrono migliori opportunità di lavoro. Comunque, ha una presenza di circa 15.000 immigrati regolarmente sanciti.

Circa 2.300 sono gli studenti figli di stranieri che frequentano le scuole lucane. L’inserimento sociale riesce in modo più facile nei piccoli Comuni delle aree interne soggette ad un inesorabile spopolamento, al trasferimento dei giovani e al conseguente invecchiamento della popolazione. Gruppetti di connazionali o nuclei familiari vengono accolti nelle piccole comunità di cui la Basilicata è disseminata visto che un centinaio di Comuni hanno una popolazione inferiore ai 2mila abitanti. Arrivano con il programma Sprar (accoglienza di rifugiati), da tutti i luoghi del mondo in cui ci sono guerre e miseria. Diventare concittadini dei lucani diventa semplice perché queste comunità sono a misura d’uomo. I rifugiati trovano anche un ruolo nella società, con lavori socialmente utili come la rimozione della neve, la manutenzione e cura degli spazi verdi e delle strade rurali, lavori di pitturazione. (ADNKRONOS)

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