6 Settembre 2014

Parasite 2.0 indaga sullo stato della vita urbana interagendo ed intervenendo al di fuori dei sistemi convenzionali dell’architettura contemporanea

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E’ un interessante progetto quello di Parasite 2.0, un laboratorio collettivo e aperto nato a Milano nel 2010. L’intento dei tre architetti-fondatori, Luca Marullo, Stefano Colombo e Eugenio Cosentino, è quello di indagare sullo stato della vita urbana, sviluppando dispositivi di interazione e di intervento sul territorio. La particolarità, però, rispetto alle tante realtà di questo tipo presenti nell’area metropolitana, è quella di stare al di fuori dei sistemi convenzionali dell’architettura contemporanea perché, nello specifico, il progetto mira a studiare ed analizzare tutte le modalità attraverso cui i progetti architettonici si relazionano ai fenomeni sociali. Ad oggi i giovani architetti stanno portando avanti diversi progetti tra cui “The Third Island Ag 64’94’ 14’”, presentato all’edizione 2014 della Biennale di Venezia, e “Shipwrecks in the Radical Islands – The New Ibiza”, all’interno del Bloop Festival, in Spagna.

Il progetto di Parasite 2.0 "State of United Private Space" (facebook.com)

Il progetto di Parasite 2.0 “State of United Private Space” (facebook.com)

“Tornare in un mondo arcaico, il progresso di aveva portato alla fine.” L’idea di rapportare l’architettura contemporanea ai fenomeni sociali è già iniziata da decenni, ma quello che sorprende è la volontà di questi giovani architetti, che decidendo di rimanere fuori dalla conformità cittadini, hanno pensato di creare il progetto Parasite 2.0 con l’obiettivo di “tornare ad un mondo arcaico, tornare ad una nudità intellettuale dell’uomo preistorico, capace di costruire da solo il suo habitat senza essere passivo alle strutture del mondo, prima uno poi due e così via. Questo volevamo… non essere più schiavi di nulla. Il progresso ci aveva portato alla fine. Trasformammo la nostra anonima scatola architettonica e quello che costruimmo negli anni aveva proprio l’aspetto degli scarti di questa crescita apparente. Quello che anche noi stessi abitanti eravamo diventati. Costruimmo la nostra architettura parassita al suo interno, che si andò ad espandere come un virus, utilizzando una spazialità artigianale spontanea. Rompemmo i canoni spaziali in nome di una nuova microspazialità del disordine costituito trasformato in consuetudine, che ognuno poteva autodeterminare nel nostro nuovo mondo dove non esisteva più nessuna gerarchia.” E’ questo quello che si legge nella loro prima pubblicazione sul loro sito, “Modulo parassita per l’occupazione spaziale_nuove configurazioni dal futuropreistorico”.

Il progetto presentato al “Bloop Festival” di Ibiza: “Shipwrecks in the Radical Islands – The New Ibiza. Tra punti di controllo e confini, osservabili nelle nostre città, vediamo spazi che svaniscono continuamente, vere e proprie isole deserte per uomini nuovi, per una nuova visione della libertà urbana senza una precisa regolamentazione ed, infine, con la sospensione del controllo. “Siamo fermamente convinti – spiega Parasite 2.0 – che questo è il paesaggio in cui un grande cambiamento è possibile. Il progetto si concentra sullo studio delle opportunità offerte da questi territori, analizzando alcuni casi esistenti. Il primo è Ibiza. Un’icona in questo senso. Dopo aver trovato la sua identità in uno spirito permissivo, emancipatore ed originale, negli anni l’isola è riuscita ad essere un rifugio di diversità. Ad oggi, però, si sente sente minacciata. I confini, i limiti e gli elementi che sono fortemente rilevabili nella città contemporanea, dove vediamo lacune in crescita ed alcuni limiti fisici progettati per separare, hanno portato l’individualismo e la privatizzazione a crescere tra le comunità chiuse, micro enclave-etniche, zone economiche speciali ed aree urbane di super-controllo.” Così durante il “Bloop Festival”, Parasite 2.0 ha installato un impianto mobile, “la nuova Ibiza” appunto, un’isola per una sola persona, pensando all’idea di “trovare” una Nuova Ibiza, però volendo portare con sé lo spirito originario. Questo è un progetto di Parasite 2.0 Con Dopolavoro.org, Claudia Mainardi e Tamar Shafrir.

Il progetto “Primitive Future Architool”. “Primitive Future Architool è un progetto portato avanti per cercare nuove modalità al fine di instaurare un rapporto emancipato tra l’uomo e il suo habitat. La “Maison Domino” rappresenta uno dei primi esempi di basica architettura, una sorta di hardware, pronta ad accogliere diversi software. Oggi nelle Favelas di tutto il mondo, o nell’abusivismo del Sud Italia, possiamo vedere quanto questo modello pervada l’architettura spontanea e sia diventato un vero è proprio strumento per la sua proliferazione. Possiamo considerare l’elaborazione della “Maison Domino” come un atto di liberazione e apertura verso un’anarchia architettonica, un atto simile e vicino al primo uomo che scoprì ad esempio come legare tre legni con una corda per la costruzione di un rifugio primitivo, aprendo le porte all’antropizzazione del mondo. Primitive Future Architool è stato elaborato da Parasite2.0 e testato a “Fuck off! We don’t need no architect”, workshop gratuito di architettura per non architetti sulla creazione di alterazioni spaziali “do it yourself” utilizzando la stampa 3D.” Alessandro Benetti, Tamar Shafrir e Yatta Makerspace hanno guidato insieme a Parasite2.0 i partecipanti all’interno del tema per poi passare all’elaborazione di tre diverse strutture. Il progetto si trasforma in un processo aperto, utilizzando la pagina primitivefuturearch.tumblr.com da cui si può scaricare il 3D per la realizzazione del giunto e uplodare le proprie creazioni contribuendo alla realizzazione di un archivio infinito.

Il progetto “Paolo Sarpi Mobile Cinema”. A Milano “il fenomeno delle Chinatown – spiega la nota di PARASITE 2.0 con la collaborazione tecnica di BRIChECO – rappresenta a tutti gli effetti l’apertura delle barriere e la lenta colonizzazione e contaminazione di altre culture, che si inseriscono e mescolano nel tessuto urbano, portandone una nuova interpretazione e contribuendo a darne nuova forma. Il processo che porta a queste trasformazioni si spalma in un lungo arco temporale, che vede crescere lentamente l’alterazione, non solo spaziale, ma anche socio-culturale del contesto d’inserimento. […] Una pittoresca architettura a metà tra finzione e realtà, gioca con i motivi dell’architettura tradizionale cinese, e inizia a mescolarsi al tessuto alterandone l’aspetto. […] Nel caso di Paolo Sarpi, processo ancora in sviluppo, che ha già portato a episodi violenti di scontro tra culture, la municipalità non è riuscita a gestire, interpretare e sfruttare come risorsa quest’occasione, ponendosi invece come ostacolo. Il progetto si ispira alle miriadi di carrelli e bici trasportatori che si trovano per Paolo Sarpi utilizzati dalla comunità cinese, attrezzature che si sono negli anni trasformate nel simbolo delle controversie tra residenti italiani e cinesi. Se questi carrelli fossero delle attrezzature mobili volte alla trasformazione dello spazio aperto in luogo d’incontro tra le due differenti culture?” Per due settimane di Arte in Sarpi i residenti hanno partecipare alla costruzione del carrello “Paolo Sarpi Mobile Cinema” e sono stati spettatori del programma di quattro proiezioni tra alcuni capolavori cinematografici cinesi e italiani sottotitolati. “Crediamo fermamente  – conclude l’articolo pubblicato sul sito di Parasite 2.0 – che dall’incontro e commistione delle due culture possano nascere delle ottime potenzialità per la zona e possa scomparire progressivamente l’atmosfera di scontro che si respira passeggiando per il quartiere”.

In un panorama urbanistico in cui gli investimenti privati sembrano dettare legge nelle opere architettoniche presenti nelle città, le amministrazioni pubbliche, a loro volta, faticano sempre più a tutelare gli spazi ed i luoghi pubblici dei propri cittadini. Questo avviene non solo per una mancanza di fondi da parte delle istituzioni locali, che non riescono a salvaguardare in toto l’interesse di tutti, ma anche, rispetto al passato, a causa del cambiamento delle abitudini dell’uomo stesso all’interno della società. Siamo fermamente convinti che una realtà come quella di Parasite 2.0, e di tutti i loro collaboratori, abbia un grande futuro. La loro attenzione deve essere anche la nostra, affinché anche la gente comune possa riuscire a mettere sullo stesso piano architettura, urbanizzazione e le proprie esigenze.

Per seguire iniziative ed eventi di Parasite 2.0 seguire il loro sito parasitelab.tumblr.com, la loro pagina Facebook, il loro profilo Twitter.

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