4 Agosto 2014

Italia, pericolo idrogeologico per 6633 comuni. Oltre 5 milioni i cittadini che vivono o lavorano in aree pericolose

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“In Italia sono ben 6.633 i comuni in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico (l’82% del totale) con più di 5 milioni di cittadini che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate pericolose per frane ed alluvioni, soprattutto in una situazione in cui si moltiplicano gli eventi estremi e catastrofici per effetto dei cambiamenti climatici”. E’ quanto afferma la Coldiretti nell’esprimere cordoglio per le vittime dell’alluvione provocata dalla bomba d’acqua caduta nella zona di Refrontolo che ha fatto tracimare il torrente Lierza nel Trevigiano in Veneto dove “il 56 per cento dei comuni e a rischio”.

(ilgiornaledelcilento.it)

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La vulnerabilità del territorio italiano. “Una dramma che mette in evidenza ancora una volta la vulnerabilità del territorio nazionale dove a causa delle frane e delle alluvioni sono morte – sottolinea la Coldiretti – oltre 4mila persone dal 1960 ad oggi mentre gli sfollati e i senzatetto per le sole inondazioni superano rispettivamente i 200 mila e i 45 mila secondo i dati elaborati dal Cnr-Irpi. A questa situazione – denuncia la Coldiretti – non è certamente estraneo il fatto che nell’ultimo trentennio per la mancanza di concrete opportunità economiche e sociali sono praticamente dimezzati gli agricoltori presenti nelle aree marginali dove svolgevano una opera quotidiana di manutenzione del territorio, dei boschi e dei corsi d’acqua”.

Oltre 3 milioni di ettari di terreno coltivato sono stati cementifcati negli ultimi anni. “In questo periodo in Italia quasi 3 milioni di ettari di terreno coltivato, pari alla superficie della regione Sicilia e Val d’Aosta assieme, sono stati cementificati in pianura o abbandonati in montagna e collina dove ha prevalso l’incuria e si sono moltiplicati i rischi. I cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con trombe d’aria, grandinate e vere e proprie bombe d’acqua, si abbattono su un terreno reso più fragile dalla cementificazione e dell’abbandono delle aree marginali, ma anche – conclude la Coldiretti – della mancanza di una programmazione adeguata che valorizzi il ruolo di chi vive e lavora sul territorio come gli agricoltori”. (ADNKRONOS)

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