Manca poco ormai. Domenica 6 luglio, infatti, Reggio Calabria si appresta ad ospitare le elezioni primarie per il prossimo candidato sindaco del Centrosinistra. “Lo Stivale Pensante” ha intervistato uno dei quattro candidati sindaci, il giovane Giuseppe Falcomatà, che domenica sfiderà Domenico Battaglia, Vincenzo Amodeo e Filippo Bova. Giuseppe Falcomatà è figlio del compianto Italo, sindaco di Reggio Calabria dal 1993 al 2001, ritenuto uno degli uomini chiave della storia della città. Giuseppe Falcomatà chiuderà la sua campagna elettorale per le primarie domani sera in Piazza Camagna alle ore 19.
La breve biografia di Giuseppe Falcomatà. Il trentunenne Giuseppe è un avvocato dal 2010, dopo aver concluso il percorso di laurea in Giurisprudenza nel 2006. Nel 2008 ha conseguito il diploma di specializzazione in studi sulle Pubbliche Amministrazioni presso la Scuola di Specializzazione in Studi sull’Amministrazione Pubblica (S.P.I.S.A.) di Bologna. Nel 2014 ha frequentato il Master “Pio La Torre” in Amministrazione e Gestione dei beni confiscati. Da sempre, in città, è politicamente e socialmente attivo: dal 2002 è membro del CdA della Fondazione Italo Falcomatà, che opera nel campo della crescita scientifica, sociale e culturale della città di Reggio Calabria e nel 2012 ha pubblicato il suo primo romanzo, “La vendetta immobile”, edito da Città del Sole Edizioni. Politicamente parlando nel 2007 è stato il primo degli eletti alla I Circoscrizione Centro Storico di Reggio Calabria, mentre nel 2011 è stato il primo degli eletti, con 2.443 preferenze, al Consiglio Comunale di Reggio Calabria nelle fila del Partito Democratico.

Giuseppe Falcomatà, Candidato alle Primarie del Centrosinistra come sindaco di Reggio Calabria. (giuseppefalcomata.it)
Ecco l’intervista a Giuseppe Falcomatà.
Come mai hai scelto di candidarti?
C’è un pizzico di follia in questa scelta perché è il momento peggiore per la città. Dopo tanti anni di buio oggi Reggio si risveglia con i contributi al massimo, le tasse al massimo e i servizi inesistenti. Paradossalmente è il momento peggiore per chi sceglie di intraprendere una strada del genere. Ma proprio perché è il momento peggiore non possiamo da cittadini, da reggini che amano questa città, tirarci indietro. Così dopo 5 anni di esperienza nel consiglio circoscrizionale 2 come Capogruppo in Consiglio Comunale, questo mi è sembrato il momento opportuno per iniziare questa sfida, che sin da subito abbiamo definito di coraggio e di bellezza che nel corso delle settimane di campagna elettorale è cresciuta nel sentimento popolare. Questa candidatura non nasce all’interno di schemi di potere, o di salotti buoni, non è il frutto di logiche clientelari o altro. Questa l’abbiamo, sin da subito, definita una campagna elettorale ed una candidatura senza padrini e senza padroni, il che non significa che c’è un solo uomo al comando, ma significa che c’è un sentimento collettivo che piano piano è cresciuto e che dal basso ha portato questo metodo di far politica.
Com’è cambiata Reggio Calabria dal 2002 ad oggi? In che modo Scopelliti ha contribuito a questa “trasformazione”?
Il problema è sostanzialmente questo: quello che è avvenuto in questi anni è stato nella sostanza il voler utilizzare i fondi pubblici, risorse pubbliche, quindi occasioni di sviluppo per la città, solo per fini personali, solo e soltanto per fini elettorali. Di esempi possiamo farne tantissimi, ma ormai sono triste cronaca giudiziaria e qualsiasi cosa che possa dire non darebbe giustizia alla situazione in cui si trova la città. Bisognerebbe, come abbiamo fatto in questa campagna elettorale, e come continueremo a fare, andare nei quartieri, visitare i quartieri, visitare ogni piccola zona della città per rendersi conto di quanto Reggio Calabria sia povera, sia triste, sia ricca solo di incompiute e soltanto di servizi essenziali che non funzionano. Tutto questo è quello che è avvenuto negli ultimi anni, chiaramente però purtroppo non può essere soltanto un “peggio” ricordo, non può essere soltanto qualcosa da lasciare alle spalle. Lo dobbiamo fare perché chi si candida a essere classe dirigente deve puntare ai prossimi dieci anni, ma pur volendolo, non possiamo dimenticare gli squarci che sono stati inferti alla nostra comunità perché da qui ai prossimi nove anni, un anno è già passato, noi cittadini di Reggio Calabria pagheremo una situazione di sofferenza delle casse comunali, una situazione di dissesto in cui si trova il Comune, la pagheremo in termini di aumento alle stelle di tributi comunali. E’ una cosa dalla quale non si scappa: nessun candidato potrà permettersi di promettere che quando arriverà lui la spazzatura e l’acqua non avranno tariffe in aumento come ce l’hanno adesso. Questa è una città che deve tornare alla normalità. Basta camminare in qualsiasi strada di Reggio, non importa che sia il centro o la periferia, perché anche il centro è abbandonato, affinché ci si possa rendere conto di dove siamo arrivati, ed è da qui che bisogna ripartire per governare i prossimi dieci anni, riportare la città all’anno zero, riportare la città alla normalità con i servizi essenziali che funzionano. E guardate che garantire i servizi essenziali non è un merito per una pubblica amministrazione: la pubblica amministrazione che garantisce i servizi pubblici essenziali come l’acqua, l’illuminazione, la manutenzione stradale, la raccolta di rifiuti, fa solo e soltanto il proprio dovere. Non scambiare il diritto con il favore. Noi nel corso di questi incontri che abbiamo fatto in questi mesi di campagna elettorale, stiamo raggiungendo i 60 incontri proprio in questi giorni, abbiamo scoperto che alcuni chiedono per favore qualcosa che gli spetta di diritto, qualcuno chiede per favore se gli possa essere coperta una buca. Noi diciamo: voi dovete pretendere non chiedere cortesemente che vi siano coperte le buche.
Com’è possibile che la ‘ndrangheta abbia avuto così tanta influenza nelle scelte del consiglio comunale di Reggio negli ultimi anni?
Provo a dare una risposta a questa domanda come se dovessi spiegarla a mio nipote Italo che ha 7 anni. Per essere chiari e senza filtri, tutto questo avviene a Reggio per un motivo soltanto: perché non sono state affermate le regole. Le regole non valgono per l’uno e non per l’altro, le regole valgono per tutti. Se noi affermiamo le regole, rischiando di fare scelte impopolari, in ogni caso faremo scelte oggettive. Questo, purtroppo, non è successo ed è chiaro che non affermando le regole, si propende a logiche e a scelte totalmente clientelari: mi riferisco all’affidamento di un servizio, alla scelta di un partner per la realizzazione di un’opera pubblica, alla selezione di personale, di pubblico o di società mista. Queste cose non avvengono secondo quelle che sono le normali regole di accesso al mondo della pubblica amministrazione. Ed ecco che senza l’affermazione delle regole è chiaro che, in un territorio così pervaso dalla ‘ndrangheta, la ‘ndrangheta trova terreno fertile ad insediarsi, inserirsi, a innestarsi. Questo è quello che è successo nella nostra città e a questo proposito, per esempio, per quanto riguarda lo scioglimento delle società miste, queste non si sciolgono “solo” per la presenza delle cosche all’interno della parte privata della società. Le società miste si sciolgono perché ci sono infiltrazioni ‘ndranghetiste nel personale, e ci sono scelte poche chiare, anzi del tutto oscure, anche nella scelta dei partner. I procedimenti sono andati avanti e ci sono state delle rivisitazioni per quanto riguarda le determinazioni giudiziarie, e si è rilevato che non c’erano procedure di scelta, ad esempio, del luogo in cui fare il carburante, delle modalità con cui scegliere le attrezzature, o dei dipendenti delle società a sé. Vorrei fare, poi, un semplice esempio che naturalmente risale all’amministrazione di mio padre. Mio padre, con un’ordinanza che aveva la finalità soltanto di affermare le regole è riuscito, insieme alla sua giunta, a sgombrare Piazza del Popolo dagli stand e dalle bancarelle abusive degli ambulanti. Non perché fosse contro il mercato, visto che il mercatino di Piazza del Popolo è qualcosa di bellissimo, anche da valorizzare sotto il profilo turistico. In quest’ottica qual è stata la scelta di mio padre? Con un’ordinanza si è deciso che il mercato doveva funzionare dalle 7 alle 14 e dalle 14 in avanti la Piazza doveva tornare ad essere tale. Questo ha comportato che gli ambulanti avessero un tot di tempo per eliminare le baracche fisse. Queste, che erano costruite in cemento, una volta tolte hanno costretto gli ambulanti a dotarsi di strutture rimovibili in modo tale che al termine del mercato gli ambulanti stessi tornassero a fare il loro mestiere. Parlo proprio dal punto di vista semantico, con la Piazza che in questo modo è tornata ad essere tale, con tutto quello che ne è conseguito in termini positivi: dalle passeggiate delle coppie, dalle famiglie che si riuniscono, dai bambini che giocano a pallone o vanno in bicicletta. Questo è il senso dell’affermazione delle regole, trasformare la città significa prendersi delle responsabilità, anche in un luogo rischioso come Reggio Calabria, ma insomma quando uno intende provare a diventare la classe dirigente di questa città sa bene che le difficoltà ed i rischi ci sono, e che bisogna affrontarli e non possiamo arrenderci a non affermare le regole.

Giuseppe Falcomatà, Candidato alle Primarie del Centrosinistra come sindaco di Reggio Calabria. (giuseppefalcomata.it)
La politica reggina, quindi, riuscirà a contrastare la ‘ndrangheta?
Certo che riuscirà. La politica non è buona o cattiva, c’è chi la interpreta soltanto pro modo sua e chi la interpreta nel senso più nobile del termine. Noi nei nostri modi di comunicare abbiamo scelto di scrivere nei volantini “Giuseppe Falcomatà, candidato sindaco per Reggio”, il che può sembrare una cosa quasi scontata, ma è una sottigliezza molto importante. Noi non ci candidiamo ad essere sindaci di una città, noi vogliamo esserlo per la città e per i cittadini, con quello spirito nobile che ci hanno insegnato gli antichi greci, cioè quello di servire la “polis”, di servizio alla comunità, non c’è altro che ci ispiri a fare questo tipo di lavoro estenuante. Naturalmente se non ci fosse questa passione, molte persone non si sarebbero coinvolte in maniera del tutto gratuita e spontanea, come per fortuna sta succedendo.
Al contrario però di quanto stai giustamente dicendo, negli ultimi anni proprio a causa del lassismo della politica, sia a livello affaristico che a livello socio-politico, anche la popolazione pare si stia sempre più rassegnando a questa situazione. Per quale ragione secondo te?
Il nostro primo obiettivo è quello di fare capire alle associazioni, ai cittadini, alle comunità con cui ci stiamo incontrando finora, che bisogna mettere da parte l’istituto della delega in bianco alla politica, bisogna mettere da parte l’eccesso di delega come è avvenuto in questi anni, ed è abbracciare un più efficace, con orgoglio, istituto dell’adesso tocca a noi. Basta con le deleghe in bianco agli altri, cerchiamo di essere protagonisti in maniera diretta o indiretta di quelle che sono le scelte che avvengono a Palazzo San Giorgio. Naturalmente questo non vuol dire che tutti si devono candidare a sindaco o a consigliere comunale, ma significa che la cittadinanza non può stare a guardare, deve protestare contro quelle che sono le scelte sbagliate che avvengono all’interno del comune. Questo per un semplice motivo: quelle stesse scelte ricadono sulla vita di tutti noi. Questo lo abbiamo provato a spiegare, riuscendoci, durante un incontro fatto a Bocale presso il campo sportivo che è ovviamente una struttura pubblica. A qualche ragazzo che chiaramente sembrava un po’ disinteressato (non tutti i diciottenni nascono con la passione per la politica) gli abbiamo detto “non vi potete disinteressare né alle primarie né alle elezioni comunali, perché se voi lo fate, poi non potrete neanche arrabbiarvi e protestare per le scelte sbagliate che vengono fatte. E queste scelte sbagliate ricadono su di voi. Voi ad esempio giocate in una struttura pubblica, per la quale la vostra società paga al comune un x euro affitto annuo; se, invece, da un giorno all’altro per inefficienze amministrative, questi x euro diventano molti di più, allora una società, come la vostra, che programma la stagione con quel poco che riesce a racimolare dagli sponsor, non ce la fa neanche a pagare l’affitto del campo, non ce la fa ad iscriversi al campionato, a dare rimborsi spese ai propri giocatori e voi, ragazzi, subite indirettamente questa scelta perché la vostra passione di giocare a calcio viene svilita dall’impossibilità di farlo nei modi e nei tempi con cui finora avete fatto. Quindi siate protagonisti di quello che avviene e protestate, bacchettate, pungolate l’amministrazione comunale nel momento in cui fa scelte sbagliate”.
Come contrasterai questo comportamento dei cittadini reggini?
E’ chiaro ed evidente che oltre a una sofferenza economica che ci porteremo da qui in avanti per i prossimi anni c’è una lacerazione del tessuto sociale in questa città, in questa comunità che è abbastanza evidente. Il nostro primo obiettivo è quello di provare a dare fiducia a queste persone, provare a fargli capire che non è vero che siamo tutti uguali, e che la politica offre solo cose negative. Abbiamo provato a fargli capire che forse insieme, dal basso, visto che nessuno ha la bacchetta magica, e chi millanta di averla continua a dire solo bugie, abbiamo provato a fargli capire che insieme, passo dopo passo, con la programmazione, altra cosa che è mancata insieme alle regole, insieme se ne può uscire. Naturalmente non dall’oggi al domani, forse neanche da qui ai prossimi cinque anni. Se non si cambia adesso, se la città non diventa protagonista della politica all’interno di quello che avviene all’interno di Palazzo San Giorgio, allora abbiamo perso tutti. Questa è la sfida fondamentale, questo è l’anno zero della politica e soprattutto della città. Non possiamo più restare nelle case ed aspettare che le cose cambino da sole: le cose cambiano se noi in prima persona nel nostro piccolo, nel nostro nucleo familiare, con la nostra ristretta cerchia di amici, facciamo da moltiplicatori a questa nuova idea di città che sta nascendo e nasce dalla presa di coscienza di quello che c’è, di quello che si può migliorare e di quello che si deve cambiare nei prossimi anni. Devo aggiungere che nonostante nell’immaginario collettivo ci sia la sfiducia iniziale, quando si parla singolarmente con le persone, scavando sotto il solco dell’anti-politica, la gente ha ancora voglia di entusiasmarsi di nuovo, ed ha voglia di credere che ci sia qualcosa per la città, non può che essere così, perché chi vuole bene al posto in cui vive lo vuole migliorare. Noi dobbiamo fare solo in modo che non si stia da parte ed aspettare che migliori, ma che ognuno dia il suo piccolo contributo. Nessuno nel corso di questi incontri ha mai chiesto qualcosa per sé, tutti chiedono di poter vivere in una città normale, tutti chiedono che i loro quartieri o le loro periferie non siano solo dei dormitori, ma siano luoghi ricchi di strutture ricettive, spazi pubblici, spazi di aggregazione dove poter vivere la loro serenità. Questa è la sfida.

Giuseppe Falcomatà in un incontro durante la campagna elettorale © Filippo Latella (facebook.com/gfalcomata)
Questi problemi sembrano però non essere causa di una parte politica o dell’altra, ma proprio di una classe dirigente che non è stato in grado di gestire Reggio Calabria con lungimiranza per migliorare il futuro della città. Crede sia un problema legato all’incompetenza dei soggetti in questione o sia semplicemente un fattore legato alla consapevolezza di gestire le cose in questo modo?
E’ un mix esplosivo di tanti fattori: da una scelta che magari può essere decisa e determinata all’acquisizione del consenso elettorale in maniera strumentale, all’incapacità di leggere determinate situazioni. Faccio un esempio relativo alla mia professione: uno degli scandali, una delle cose gravi che sono successe nella nostra città è legata ai foto-red. I foto-red sono degli strumenti che scattano fotografie nel caso in cui il cittadino passa con il semaforo rosso ad un incrocio. A Reggio questi strumenti, però, avevano una pecca: riuscivano ad immortalare solo la targa della macchina e non l’ambiente circostante. Quindi, il primo ricorso è stato relativo a questo: “come fate a dirmi che io ero in via Roma e non in via Sbarre Centrali visto che si vede solo la targa?” E quindi il giudice di pace dava ragione all’avvocato del contribuente, annullava la multa, chiedeva un risarcimento e la suddivisione delle spese. Al primo ricorso, una qualsiasi pubblica amministrazione avrebbe ritirato l’apparecchio dal mercato, ma invece cos’è successo a Reggio? Sono arrivati ricorsi a pioggia, fioccavano ed il Comune che cos’ha fatto? Si difendeva non con la sua avvocatura civica, ma dando incarichi ad avvocati o consulenti esterni. Cioè questo sistema, che per l’avvocato significava soltanto cambiare il nome del ricorso perché avevano tutte forme uguali tra loro, ha portato grosse liquidazioni di spese sia per l’avvocato privato che per il consulente della pubblica amministrazione. Oltre a questo, cosa forse ancora più paradossale è che il Comune pur perdendo tutti i ricorsi in primo grado si costituiva in appello. E’ questo è durato per diversi anni, un effetto che ha contribuito ulteriormente nella determinazione del debito del Palazzo Comunale. Detto questo, può essere solo un problema di incompetenza o di miopia amministrativa o c’è dell’altro? Io credo che questo sia uno dei casi in cui c’è stata una precisa scelta di volere che le cose andassero in questo modo.
Come pensi di gestire e migliorare, invece, il problema legato alla gestione dei rifiuti?
Per quanto riguarda la gestione della raccolta di rifiuti credo che ci sia stata venduta come qualcosa di inarrivabile, irraggiungibile, come se fare la raccolta differenziata a Reggio Calabria fosse una cosa impossibile. Invece, è solo un problema legato alle scelte politiche. Tante amministrazioni virtuose, anche di comuni piccoli vicini a Reggio Calabria, come per esempio Condofuri, Motta San Giovanni, Roccella Jonica… sono esempi di una quasi totale raccolta differenziata fatta porta a porta perché ci sono delle amministrazioni virtuose che hanno scommesso su questo e hanno realizzato dei programmi che hanno fatto in modo che queste città, in meno di un anno, arrivassero quasi al 100% di raccolta differenziata. Altri comuni della zona tirrenica come Rosarno, Gioia Tauro e Cittanova sono riusciti addirittura ad eliminare i cassonetti dalla strada, grazie ad una precisa decisione politica di quelle amministrazioni. E’ chiaro che i metodi e gli strumenti si trovano e si modificano da amministrazione ad amministrazione. Andando in una città che come grandezza, conformazione, densità di popolazione e posizione geografica è molto vicina a Reggio Calabria, e mi riferisco a Salerno, si nota come in un anno il sindaco De Luca che ha detto “da domani chi differenzia avrà delle agevolazioni fiscali sulla Tares, chi non differenzia invece avrà degli aggravi”, è arrivato a fare il 70% di raccolta differenziata. Ecco, accanto a questo, è chiaro che poi se non funziona il conferimento dei rifiuti perché la regione anziché attuare la raccolta differenziata continua con la situazione di emergenza, è chiaro che questo progetto può sussistere fino ad un certo punto. Non è impossibile, e lavoreremo per questo: l’obiettivo di qualsiasi amministrazione deve essere quello di lavorare per attuare una raccolta differenziata porta a porta.
E per quanto riguarda il problema idrico?
Per quanto riguarda l’acqua anche in questo caso le tariffe sono arrivate alle stelle ed il servizio non è di qualità accettabile, ma il problema dell’acqua con tutti i disservizi che ci sono da anni e anni, ci costringe, ad oggi, solo a governare l’emergenza fino a quando la diga sul Menta non verrà completata e quindi il problema del trasferimento e della portata dell’acqua non sarà risolto definitivamente. Fino ad allora grazie ad un monitoraggio di quelle che sono le criticità nelle varie zone, come a Mosorrofa e Sala di Mosorrofa, dove il motore dell’erogazione dell’acqua si rompe di frequente, come abbiamo appurato anche questo nel corso degli incontri che abbiamo fatto, dobbiamo solo governare l’emergenza. Ma un servizio efficace ed efficiente come lo dovrebbe avere ogni Comune noi non lo avremo fin quando non finiremo questa famosa opera, la diga sulla Menta. Non dovrebbe, però, essere lontana la fine del tunnel e faremo di tutto affinché questo lavoro venga compiuto il più velocemente possibile.
Come proverai a diminuire la speculazione edilizia e l’abusivismo presente in città?
Questo dobbiamo fermarlo. Noi abbiamo inserito nel programma “edilizia a mattoni zero”, nel senso che la speculazione edilizia è una cosa che c’è stata perché è stato consentito di far costruire case anche sui costoni della montagna, poi ci sono stati i condoni che hanno fatto in modo che quegli abusi fossero sanati e invece adesso bisogna fermarsi e dire un serio no al consumo del territorio e del suolo. Questo passerà anche dall’approvazione del PFC e delle sue varianti, che dovrà fare la successiva amministrazione comunale, ma anche in questo caso noi abbiamo un grande rischio di dissesto idro-geologico, con le frane, gli smottamenti e tutte quelle abitazioni che potrebbero esserne coinvolte. Anche in questo caso possiamo venirne fuori, non con le risorse del comune, ma grazie ai fondi, circa 3,5 miliardi di euro, che il governo ha stanziato per la prevenzione ed il rischio del dissesto idrogeologico. Serve che la politica e l’amministrazione, anzitutto, facciano una mappatura sui rischi e sulle criticità e poi presentino un progetto serio a Roma nel quale si dica guardate che per prevenire questi rischi noi abbiamo bisogno di x risorse perché noi dobbiamo fare a, b, c.
Secondo te Reggio Calabria non potrebbe vivere di solo turismo balneare?
Sicuramente Reggio Calabria potrebbe vivere solo di turismo balneare ed il primo obiettivo è quello di rendere il mare nei pressi della nostra città balneabile, cosa che purtroppo non succede nelle quasi totalità delle nostre acque. Questo è il primo problema perché degli otto depuratori presenti a Reggio ne funzionano pochissimi ed anche male. Negli scorsi giorni siamo stati ad un incontro con la cittadinanza e abbiamo parlato del depuratore tra Gallico e Catona. Questo è posto a pochi metri dalla spiaggia, ed è fuori legge, ma è addirittura piccolo perché è nato ed è stato costruito in una fase in cui quella zona era molto meno abitata rispetto ad oggi. Nel corso degli anni con l’aumento della popolazione e l’annessione di Arghillà al territorio dell’ottava circoscrizione è evidente che questo depuratore sia andato in sofferenza.
In che modo pensi di incentivare la cultura ed il turismo della città?
Incentivare il turismo, anzitutto, significa riuscire ad arrivare a Reggio Calabria. Cosa che non è del tutto scontata alla luce dell’assenza di collegamenti non del tutto lineari che ci sono per arrivare in città: prima di tutto l’autostrada, che piano piano, a singhiozzo, molto lentamente, si sta completando, ma poi qui in città arrivano sempre meno treni. L’aeroporto non è un aeroporto degno di una città turistica e soprattutto anche le logiche e le prospettive di sviluppo sono a mio avviso del tutto sbagliato. Prima di tutto perché non può svilupparsi soltanto con dei voli charter che vengono fatti di tanto in tanto come quelli che ci sono adesso dalla Svizzera e dall’Austria. Ho appurato, con mia somma sorpresa, che con questi voli tu non puoi partire da Reggio Calabria, ma puoi soltanto arrivare: nel senso che se ti trovi a Ginevra per puro caso, se vuoi ritornare a Reggio lo puoi fare oppure se ci sono dei viaggi organizzati per Reggio Calabria è possibile farlo, però in ogni caso tu da Reggio non puoi partire e raggiungere queste località, tu ci puoi solo tornare. E’ chiaro che l’aeroporto di Reggio Calabria si può sviluppare soltanto se i cittadini di Messina, e non quelli della provincia di Catanzaro o Crotone, hanno utilità a prendere l’aereo dal nostro aeroporto. Noi molto spesso abbiamo avuto questa miopia nel cercare di sviluppare l’aeroporto: recuperare quelli che potrebbero essere dei passeggeri non tanto da Messina, ma dall’entroterra calabrese. Noi dobbiamo guardare dall’altra parte dello Stretto. Se un cittadino di Messina avrà utilità a prendere l’aereo da Reggio Calabria e non da Catania allora noi riusciremo a prendere una fetta importante di mercato da lì e non in maniera errata dalle province. In aggiunta a questo noi non possiamo pensare che il turismo in città possa essere fatto in compartimenti stagni: il turismo non è solo la città di Reggio Calabria e le bellezze di Reggio. Noi dobbiamo pensare al turismo guardando a Scilla, guardando Pentidattilo, guardando Stilo, guardando Gerace, guardando Gambarie. In un contesto in cui un percorso turistico sia degno e tocchi tutte queste località. Noi oggi abbiamo un turismo che è solo di passaggio, fatto di quei turisti, di quei viaggiatori e di quelle persone che, muovendosi verso la Sicilia, decidono di fermarsi una notte a dormire in città per vedere il Museo o i “Bronzi di Riace”. Per fortuna la città non è soltanto Museo e Bronzi, ma è tanto altro: la nostra città è un Museo a cielo aperto, con i reperti archeologici che ci sono, con le mura greche, le terme romane, con tutti i palazzi in stile Liberty che vanno recuperati e valorizzati in ottica turistica. La nostra città, poi, ha un forte turismo religioso: c’è il Santuario di San Nicola Rosario Valanidi che non conosce nessuno, c’è il Monastero dei Frati Minimi dei Francescani a Catona che è antichissimo, risale al 1600, che non conosce nessuno. Accanto a questo, oltre chiaramente all’aspetto della movida reggina, noi ad oggi in città viviamo anche del turismo che come fascia d’età è over 50. In questo contesto non abbiamo dei bagni pubblici in via Marina, per esempio, o non abbiamo una guardia medica turistica come in tutte le località turistiche del mondo. Inoltre, non abbiamo un info-point: c’era un info-point sul lungomare, in una bella edicola in stile Liberty, che poi è stato spostato all’interno di un noto bar reggino dove in un banchetto di 1mx1m, una povera ragazza dava volantini e depliant. Adesso, però, non esiste più: il turista oggi a Reggio non sa dove andare ad informarsi.
Dal 1993 al 2001 hai visto tuo padre Italo sedere sulla poltrona di Palazzo San Giorgio. Tuo padre è stato l’unico sindaco in grado di dare un’impronta etica e sana della politica, su tanti e diversi aspetti socio-politici. Non credi che essendo suo figlio le aspettative delle persone nei tuoi confronti siano molto alte? Non ti fa paura questo?
Le aspettative sono alte perché naturalmente quello che ha fatto mio padre è un esempio unico in questa città. Dico questo, però: noi fin da subito abbiamo detto che non ci presentiamo come un’imitazione, non ci presentiamo volendo provare a “scimmiottare” una persona, non chiediamo il voto solo in virtù di un cognome o di una progenia. Questo è il primo punto. E’ altrettanto vero, però, che chiunque oggi voglia candidarsi ad amministrare questa città e vuole avere un modello politico di riferimento locale, questo è quello di Italo Falcomatà, che è l’ultimo, se non l’unico, esempio di amministrazione efficace, efficiente e trasparente che Reggio Calabria ha avuto. Naturalmente questo per me ha un valore doppio, perché sono suo figlio, lo dico con orgoglio, e con orgoglio porto avanti quelli che sono i valori, l’educazione, il modo di fare politica, il sentimento di fare politica che mio padre e mia madre mi hanno trasmesso.
Infine, un’ultima domanda: non ti fa paura, magari, poter essere avvicinato da qualche esponente della criminalità organizzata reggina?
La ‘ndrangheta si avvicina se tu gli dai la possibilità di avvicinarsi. Se tu sin da subito chiarisci il metodo con cui vuoi fare politica la ‘ndrangheta troverà terra bruciata nel confronto con l’amministrazione.

(facebook.com/gfalcomata)
Il padre di Giuseppe, Italo Falcomatà, è riuscito, nel corso delle sue amministrazioni, a capovolgere la situazione che Reggio Calabria soffriva dal secondo dopoguerra. Minacciato di morte più volte dalle cosche locali della ‘ndrangheta, Falcomatà ha saputo dare alla sua città una nuova speranza combattendo contro l’abusivismo edilizio, specialmente nella sezione centrale della città, ridimensionando il mercato aperto che, con le sue bancarelle abusive gestite dalla criminalità, congestionava il traffico e si espandeva ovunque senza limiti e permessi. A Giuseppe “Lo Stivale Pensante” non può che augurargli di seguire le orme del padre.
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