22 Marzo 2014

Italia, oltre 90mila metri cubi di rifiuti radioattivi da smaltire

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In Italia la quantità complessiva di rifiuti radioattivi a bassa, media e alta attività da smaltire è di oltre 90.000 metri cubi. Per garantirne la sicurezza nasce l’Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare, organismo indipendente promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Sogin.

(columbian.com)

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L’obiettivo è di contribuire a una corretta informazione scevra da condizionamenti su questa tematica ponendosi l’obiettivo di approfondire gli aspetti tecnici e tecnologici, nonché le implicazioni economiche, sociali e ambientali delle attività di bonifica dei siti nucleari e di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.

L’Italia deve procedere allo smantellamento delle centrali nucleari, degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare di Trino (Vc), Caorso (Pc), Latina (Lt), Garigliano (Ce), Bosco Marengo (Al), Saluggia (Vc), Casaccia (Rm) e Rotondella (Mt), nonché ad avviare le attività di chiusura del ciclo del combustibile nucleare. Queste attività generano circa 55.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di cui circa 10.500 ad alta attività e altri 44.500 a media e bassa attività. A questi si aggiungono i rifiuti radioattivi a bassa, media ed alta radioattività generati da attività diagnostiche e terapeutiche di medicina nucleare (provette, flaconi, siringa, guanti, indumenti contaminati, sorgenti per teleterapia etc…), ma anche di macchinari contaminati e dispositivi utilizzati per la ricerca in campo medico e farmacologico, oltre che in specifici settori industriali.

Questi in Italia oggi ammontano a circa 15.000 metri cubi, di cui più di 3.000 ad alta attività, a cui se ne aggiungeranno nei prossimi anni circa altri 20.500, di cui oltre 1.500 ad alta attività, con un trend di crescita di 500 metri cubi l’anno. La quantità complessiva di rifiuti a bassa, media e alta attività da smaltire è dunque di oltre 90.000 metri cubi. Attualmente i rifiuti radioattivi prodotti quotidianamente sono raccolti presso i siti di produzione, mentre quelli derivanti dal settore sanitario, della ricerca e dall’industria sono detenuti in aree di stoccaggio provvisorio.

Una situazione complessiva che richiede una soluzione allineata ai migliori standard internazionali di sicurezza. La direttiva europea 2011/70 Euratom ha imposto ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito che sia in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali. Il nostro Paese, con il recepimento di questa direttiva, aveva previsto con decreto legislativo 31/2010 la realizzazione in un Deposito nazionale che dovrà essere collocato all’interno di un Parco tecnologico finalizzato alla ricerca di soluzioni per la definitiva messa in sicurezza di questa tipologia di rifiuti. Un quadro che prevede investimenti stimati in circa 2,5 miliardi di euro e tempi di realizzazione di perlomeno 5 anni.

Il processo decisionale relativo alle attività di decommissioning, di gestione dei rifiuti radioattivi e di realizzazione del Parco tecnologico e del Deposito nazionale sarà molto articolato e complesso e richiederà non solo momenti di confronto, di informazione e di formazione, ma anche di ascolto dei cittadini da parte delle istituzioni. Per questo scopo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con la Sogin, ha deciso di istituire un Osservatorio per la chiusura del ciclo nucleare. “Trovare una soluzione ad una situazione precaria e insicura, come quella in cui si trova la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, è un atto dovuto”, ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente dell’Osservatorio. “È una responsabilità di tutti noi, anche di chi, come me, ha combattuto per la chiusura delle centrali nucleari. È questo lo spirito che guiderà l’attività dell’Osservatorio, non solo per garantire la sicurezza per i prossimi anni, ma anche per le generazioni future. Solo una scelta condivisa e responsabile potrà permettere al nostro Paese di chiudere il ciclo nucleare”.

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