Dopo quelle a Marco Zanatta, Nicholas Vecchietti, Silvia Camboni, Alice Gambato, Fabio Sai, Matteo Lattuada, Luciano Amadei, Antonio Buccinnà, Patrizia Dellea, Fabiana Sala, Giorgia Parodi, Emanuele Marano, Wilmer Turconi, Roberto Zanaldi, Serena Fortuna, Michel Andreetti, Giuseppe Scalese, Francesca Sai, Iros Barozzi, Rosita Cordasco e Federico Folcia questa è la ventiduesima testimonianza della rubrica “Luinese all’estero”. Nelle prossime settimane continueranno le interviste ad altri luinesi che vivono e lavorano tra Europa, America, Africa, Asia e Australia.
Per la seconda volta, dopo l’intervista ad Antonio Buccinnà, la rubrica “Luinesi all’estero” torna in Africa. Periodicamente, ogni domenica, stiamo raccontando vite, esperienze e speranze di tutti quei luinesi che hanno deciso di abbandonare l’Italia per cercare un futuro migliore. Come tanti altri concittadini, infatti, sono decine e decine i luinesi che si sono trasferiti all’estero, alcuni anche in Usa o in Australia, con l’intenzione di lavorare oppure spinti dal seguire le proprie passioni. Oggi abbiamo parlato con Alesso Badiali che ci ha raccontato la sua esperienza: oggi Alessio è il responsabile della qualità per una società di fondazioni profonde impegnata nella realizzazione della nuova Metropolitana di Algeri.
Raccontaci di te… Quando sei andato via dall’Italia? Dove vivi?
Mi chiamo Alessio Badiali e sono nato a Luino nel 1976. Sono partito dall’Italia a fine 2009 quasi per caso, quando una società di lavori geotecnici mi ha proposto di trasferirmi in Tunisia a titolo di Responsabile di cantiere. L’offerta mi è sembrata interessante, non tanto per i vantaggi economici, piuttosto per le opportunità di crescita professionale e umana che sicuramente si sarebbero presentate… così dopo circa 7 anni, mi ritrovo ancora lontano dal nostro lago.
Quali motivi ti hanno portato a lasciare l’Italia?
I motivi sono sempre legati a una o più opportunità che un giorno bussano alla porta. Ho sempre pensato che non voglio vivere di rimpianti e quando questa possibilità ha bussato ho accettato senza pensarci troppo su. Ad oggi, dopo aver imparato altre due lingue straniere (oltre che a un poco di arabo e bahasa), sono in qualche modo contento della scelta fatta e di aver acquisito la capacità di svolgere il mio lavoro in qualsiasi parte del mondo.
Di cosa ti occupi? Come si svolge il tuo lavoro quotidianamente?
Attualmente sono responsabile della qualità per una società di fondazioni profonde impegnata nella realizzazione della nuova Metropolitana di Algeri: il mio lavoro è vegliare che ogni opera, ogni scavo, ogni getto del calcestruzzo sia realizzato nelle regole dell’arte, in pratica bene, per la soddisfazione del cliente e soprattutto nostra. Vivo e lavoro con un team di espatriati, ognuno di noi prende in carico una parte di lavoro e responsabilità, a volte queste ci portano letteralmente a scontrarci, ma alla fine… chi più o chi meno si fa squadra.
Hai avuto esperienze altre lavorative? Se sì, quali differenza hai riscontrato?
Si, dal 2009 in poi ho girato la Tunisia, la Libia (dove ho vissuto appieno la rivoluzione e la primavera Araba), il Burkina Faso (come si suol dire la vera Africa e il paese degli Uomini Giusti), l’Asia (in particolare la Malesia e il Vietnam) e infine l’Algeria. Ogni mondo è paese, e ogni paese ha i suoi personaggi, la sua storia, la sua cultura al quale ci si deve adattare in maniera educata e aperta… non possiamo aspettarci gli spaghetti o il caffè espresso ovunque, e non possiamo chiuderci in un “circolo italiano” evitando di comunicare con gli altri. In ogni paese, se si cerca e si chiede, si scoprono cose, luoghi e persone a dir poco meravigliose.
Come ti trovi in Algeria? Ti sei integrato nella società?
Complessivamente bene, l’Algeria esce negli ultimi anni da una storia a dir poco drammatica, una guerra civile che ha causato almeno 150.000 morti e durata più di 10 anni; i segni nel paese ci sono ancora, nelle abitudini e nel cuore di molti. Certe regole di sicurezza generale vanno sempre tenute bene a mente e non si può andare ovunque da soli. Inoltre mi trovo in un paese musulmano, usi e costumi spesso sono differenti dai nostri, anche gesti che nel nostro costume sembrano normali qui possono essere mal interpretati. È sempre buona norma tenere un profilo “basso” ed essere quanto meno civili.
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Quali difficoltà hai riscontrato?
Le difficoltà di solito sono due: le lingue, ma ormai ho buona dimestichezza sia con il francese che con l’inglese, e l’attitudine professionale. Arrivando da un ritmo di vita e di lavoro come quello del Nord Italia, non è sempre facile abituarsi a posti e luoghi con ritmi più lenti e un’attitudine a risolvere i problemi o a programmare le attività a dir poco più pacata. Ci vuole sempre un po’ di pazienza da un lato ed essere estremamente decisi dall’altro, per motivare e portare al goal la propria squadra.
In quali altri paesi hai vissuto? Come ti sei trovato lavorativamente parlando?
Come già detto ho lavorato molto in Maghreb, ma anche in Africa nera e in Asia, ma il posto dove mi sono trovato meglio credo sia stato il Vietnam. La gente è più facile e più sorridente da un lato, ma molto tosta dall’altro. Piccoli ma super determinati, soprattutto le donne.
Ti manca qualcosa dell’Italia? Cosa?
Beh, il lago, i tramonti dietro le montagne dell’Ossola e i familiari. La mia compagna vive in Italia e anche se ci sentiamo tutti i giorni, mi manca infinitamente. Anche un buon caffè appena sveglio… è un piccolo desiderio giornaliero.
E invece, che progetti hai per il futuro?
Semplicemente fare famiglia. Professionalmente invece sto ancora crescendo… vedremo al termine del progetto la mia azienda cosa mi proporrà.
Pensi che un giorno tornerai in Italia?
Io credo di sì, anzi, credo proprio di sì. In fondo è casa mia e il verde, il lago, le montagne dove i miei nonni hanno fatto una guerra di trincea per consegnarcele, rimangono sempre nel mio cuore come un posto in cui tornare.
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