7 Gennaio 2016

Milano, Neet: dal Comune 21 corsi ad hoc rivolti a 320 giovani

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Scelti monitorando le richieste del mercato del lavoro, ma anche “investendo su una rete di partner disponibili a mettersi in gioco insieme a noi”, i 21 corsi per “Neet”, l’acronimo che indica i giovani non impiegati in lavori né impegnati in attività di studio, proposti dal Comune di Milano “spaziano molto”. A incuriosire e “ispirare” l’assessore alle politiche giovanili Cristina Tajani, senza nulla togliere ai restanti, sono quelli su nuove tecnologie e nuovi linguaggi.

(fondazionefeltrinelli.it)

(fondazionefeltrinelli.it)

Milano, Neet: dal Comune 21 corsi ad hoc rivolti a 320 giovani. “Sono percorsi e professioni meno note, ma che possono rivelarsi molto utili rispetto ai settori che più si svilupperanno nel futuro”, spiega ad iscrizioni aperte, su migeneration.it, in attesa di vedere la reazione dei neet milanesi.

I corsi spaziano dal catering alla grafica e al web design, dallo sviluppo di app all’autocostruzione di stampanti 3d fino al video storytelling. Tajani è pronta a scommetterci: “il settore delle nuove tecnologie, in cui è importante avere curiosità per padroneggiare nuovi strumenti, attrarrà numerosi ragazzi che hanno avuto percorsi scolastici difficoltosi ma che manifestano molta voglia di mettersi in gioco su temi attuali”.

Tutti i giovani a cui il bando è rivolto – quelli tra i 18 e i 35 anni che non studiano, non lavorano in modo stabile, che vivono o hanno la residenza a Milano – fino a tre settimane prima di ogni inizio lezioni o ad esaurimento posti, possono scegliere anche corsi sulla comunicazione oppure sulla manifattura digitale, “settore altamente innovativo in cui Milano spicca su tutte le città italiane ed europee”. “Siamo il paese d’Europa in cui il fenomeno risulta più diffuso – spiega Tajani -. I Neet dal 2008 al 2015 sono passati da 1,8 a quasi 2,4 milioni, oggi in Lombardia se ne contano 260mila di cui circa 70mila a Milano” riferisce l’assessore, giudicando “preoccupante” la realtà dei fatti dove, pur essendoci un divario nord-sud molto ampio con punte del 35% al Sud e del 19% al Nord, i Neet superano sempre la percentuale del 17%, ad eccezione del Trentino.

L’ìdentikit del Neet milanese, che i corsi in partenza da gennaio vogliono stanare e stimolare, racconta soprattutto di “ragazzi con un basso titolo di studio e alle spalle fenomeni di abbandono scolastico”, ma c’è un 10% di neolaureati. Quelli che faticano ad entrare nel mondo del lavoro, che campano di contratti brevi se non brevissimi, galleggiando nel limbo tra la formazione e un lavoro li renda – finalmente – autonomi.

I 320 “banchi in aula” previsti da questo progetto pilota di un anno, con uno stanziamento fondi di quasi 400mila euro, sono a disposizione anche dei lavoratori precari. Non si tratta di Neet veri e propri ma Tajani ha parlato di una scelta voluta e ponderata. “Abbiamo ritenuto che un giovane sia fortemente svantaggiato anche se lavora in maniera così saltuaria, o con redditi bassi a tal punto da essere sotto il livello di povertà, situazione non molto rara. In Italia il 66% dei giovani sotto i 30 anni abita con la famiglia d’origine”.

Grazie all’apporto di alcuni partner privati tra cui enti del privato sociale, associazioni giovanili, tre Università “che monitoreranno e valuteranno l’andamento di tutte le fasi del progetto” e vari fablab, “promotori di corsi”, Milano diventa così la prima città in Italia ad aver creato ad hoc per i Neet “un target specifico di competenze come quelle legate all’auto imprenditoria, alla manifattura digitale e ai linguaggi della comunicazione multimediale”. Terminata l’esperienza da un lato “se ne valuterà l’impatto e la possibilità di impiegare nuove risorse mirando comunque a trasformare il portale migeneration.it in contenitore di progetti virtuosi di formazione e inserimento lavorativo.

Tra i partner il consorzio SIR e il consorzio SIS, provvederanno all’attivazione di percorsi di auto imprenditoria e la facilitazione per percorsi legati a Garanzia Giovani. Con l’inizio del 2016 si parte, poi «utenti e risultati ci diranno se e come questo modo di fare rete potrà essere esportato in altre realtà».

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