15 Dicembre 2015

Italia, boom per l’industria del riciclo che diventa un pilastro della circular economy

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Continua a crescere l’industria del riciclo dei rifiuti e si conferma pilastro della circular economy nonostante la riduzione dei consumi delle famiglie e della produzione industriale. E’ quanto emerge dal Rapporto “L’Italia del Riciclo 2015” realizzato da Fise Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presentato oggi a Roma.

(associazionefestivaldellambiente.it)

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Italia, boom per l’industria del riciclo che diventa un pilastro della circular economy. Solo nel comparto degli imballaggi nel 2014 il 66% è stato avviato a riciclo con un +2% rispetto al 2013. Migliorano le prestazioni anche per i Raee (i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), per la gestione della frazione organica e degli pneumatici. Tanto che la spazzatura importata dall’Italia nel 2014 ha raggiunto 5,9 milioni di tonnellate, in gran parte costituita da rottami ferrosi, mentre 3,8 milioni di tonnellate sono stati quelli esportati dall’Italia verso altri Paesi. Il paradosso, però, è che 450.000 tonnellate di rifiuti importati (circa l’8% di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgono, per volume e tipologia a rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per noi spesso esorbitanti.

Nel 2014 il riciclo degli imballaggi ha registrato una crescita complessiva che attesta la capacità di tenuta del settore, sia pure tra le mille difficoltà dell’attuale congiuntura: 7.808 milioni di tonnellate riciclate contro le 7.642 del 2013 e le 7.562 del 2012. L’incremento appare evidente in tutte le filiere con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo in alcuni comparti come carta (80%), acciaio (74%), alluminio (74%) e vetro (70%), mentre la crescita più significativa la registra il legno (+10% da 1,4 milioni di tonnellate a 1,539).

Segnali positivi arrivano dalle altre filiere: cresce la quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato con 5,7 milioni di tonnellate e +9,5% rispetto al 2013; cresce la quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) raccolte (+3% rispetto al 2013) che raggiungono la quota pro-capite nazionale di 3,81 kg per abitante, di poco inferiore alla soglia di 4 kg fissati come target a fine 2015 (ma nei prossimi tre dovrà essere raccolta una quantità più o meno tripla); si avvicina agli obiettivi europei il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, che raggiunge l’80,3% (ma è il recupero energetico a mancare l’obiettivo). Mostrano vitalità anche il riciclo degli pneumatici con 129.000 tonn. recuperate e quello dei rifiuti tessili che aumenta del 12% con 124.000 tonnellate.

“Il Rapporto evidenzia come il riciclo in Italia sia riuscito a resistere alla recessione prolungata restando competitivo – ha dichiarato Anselmo Calò, Presidente di Unire -. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi sui cambiamenti climatici appena concordati a Parigi, il riciclo di materia può svolgere una funzione fondamentale dovuta al risparmio di energia nella produzione di materie prime e quindi alle emissioni di CO2 evitate”. “Per far questo è necessario – ha aggiunto Calò – scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”.

Per migliorare ulteriormente le performance dell’industria del riciclo è necessario ridurre i costi amministrativi e burocratici e combattere le illegalità in modo efficace. Come evidenzia il Rapporto, bisogna facilitare l’applicazione delle norme in maniera omogenea sul territorio nazionale, sostenere le imprese per migliorare l’accesso al credito e ai fondi europei, alleggerire gli oneri burocratici del settore, semplificare gli iter autorizzativi ed emanare i regolamenti e le norme tecniche mancanti. “Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti – ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo”. “Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario – ha insistito Ronchi – recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore”.

Una spinta importante per lo sviluppo del riciclo arriverà proprio dalle nuove proposte di modifiche della Commissione europea. Secondo le stime della Commissione, infatti, il Pacchetto sulla circular economy porterà nell’Ue, al 2030, a un risparmio di 600 miliardi di euro, alla creazione di 580.000 posti di lavoro e alla riduzione delle emissioni di carbonio di 450 milioni di tonnellate all’anno.

Questa edizione del Rapporto, oltre ad approfondire le dinamiche delle diverse filiere del riciclo, apre un innovativo focus sulle attività di import ed export dei rifiuti. Nel 2014 i rifiuti di origine urbana e industriale movimentati attraverso i confini italiani hanno raggiunto quasi quota 10 milioni di tonnellate, 5,9 dei quali importati e 3,8 esportati. L’import riguarda quasi esclusivamente imprese ed enti del Nord-Italia, che ricevono circa il 96% della quantità in entrata dall’estero, mentre l’export è un fenomeno che interessa anche il Centro-Sud, da dove parte quasi il 40% dei rifiuti. I Paesi europei risultano predominanti in entrambi i tipi di scambio, ma per l’import sono responsabili del 99% dei rifiuti in arrivo in Italia, mentre per l’export si fermano al 77% del totale in uscita. Il 77% dei rifiuti importati è costituito da metalli, in larga parte di tipo ferroso, ai quali fa seguito il legno (11% sul totale importato). Per quanto riguarda invece l’export, il 24% del totale in uscita è formato da plastica e carta, ma la maggior parte dei rifiuti spediti all’estero, intorno al 60%, non rientra in nessuna delle tradizionali filiere merceologiche e si caratterizza per un’alta incidenza di pericolosi. I rifiuti importati vengono avviati a recupero di materia pressoché nella totalità dei casi, mentre quelli spediti all’estero risultano destinati a operazioni di recupero per il 70%. Tra il 2009 e il 2014, si è registrata una crescita del 60% dei rifiuti importati, mentre quelli esportati sono aumentati del 10%.

Dal raffronto tra import ed export, emerge come 450.000 tonnellate di rifiuti importati (circa l’8% di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgono, per volume e tipologia, a rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per noi spesso esorbitanti. (ADNKRONOS)

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