26 Settembre 2015

Venticinque anni fa moriva Alberto Moravia

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Venticinque anni fa, alle nove di mattina, Alberto Pincherle veniva trovato morto nella sua abitazione di Roma. Quasi nessuno lo conosceva con quel nome, ma il mondo letterario lo osannava come Alberto Moravia, l’autore de “Gli indifferenti”, il giornalista che aveva raccontato agli italiani la Rivoluzione Culturale in Cina e l’Urss della glasnost.

(raistoria.rai.it)

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Venti cinque anni fa moriva Alberto Moravia. Il suo romanzo di esordio a 22 anni, “Gli Indifferenti”, conteneva un realismo provocatorio che ne fecero un’opera capitale nella letteratura italiana del Novecento. La storia illustra, attraverso le vicende di una famiglia, la decadenza morale della classe borghese sotto il fascismo. Il rapporto tra purezza e corruzione e l’osservazione delle trasformazioni sociali tornano nei romanzi Agostino (1944), L’amore coniugale (1949), La ciociara (1957), La noia (1960), L’uomo che guarda (1985). Collaboratore del Corriere della sera (dal 1948) e di vari periodici (tra cui L’Espresso, dove ha redatto la rubrica cinematografica), fu tra i fondatori della rivista Nuovi argomenti (1953), che diresse con altri fino alla morte. Fu deputato al Parlamento europeo dal 1984 al 1989) e vinse il premio Strega nel 1952. La degenerazione di un’umanità incapace di slanci ideali, ma inevitabilmente delusa dal sesso e dal denaro che ne sono i surrogati, è il nucleo tematico su cui si sviluppò tutta la sua produzione letteraria, durata oltre sessant’anni.

Moravia ha rappresentato la trasformazione della società italiana dal conformismo fascista (Il conformista, 1951) all’alienazione neocapitalista (La noia, 1960), con tutta una serie di libri memorabili. Con una scrittura sobria e una affabulazione robusta e ingegnosa raccontò di personaggi socialmente deboli (Agostino, 1944; La Romana, 1947; La disubbidienza, 1948; L’amore coniugale, 1949; Il disprezzo, 1954; La ciociara, 1957), estranei alla logica del compromesso o del cinismo. Ma anche la deprivazione morale e culturale di un’intera società (Racconti romani, 1954; Nuovi racconti romani, 1959). In opere come L’attenzione, 1965; Io e lui, 1971; La vita interiore, 1978; 1934, 1982; L’uomo che guarda, 1985; i racconti di L’automa, 1962; Una cosa è una cosa, 1967; Il paradiso, 1970; Un’altra vita, 1973; Boh, 1976; La cosa, 1983 i protagonisti sono ormai consapevoli di essere i persecutori di sè stessi, ma sanno anche che non troverebbero nessun interesse in un vita priva delle complicazioni intellettuali che trasformano gli ideali in teoremi da dimostrare e l’amore in erotismo.

Per il teatro scrisse opere come Beatrice Cenci, 1958; Il mondo è quello che è, 1966; Il dio Kurt, 1968. Parallelamente scrisse reportage e saggi come Un mese in URSS, 1958; Un’idea dell’India, 1962; L’uomo come fine e altri saggi, 1964; Al cinema, 1965; La rivoluzione culturale in Cina, 1968; A quale tribù appartieni? 1972; Impegno controvoglia, 1980; Lettere dal Sahara, 1981; Inverno nucleare, 1986. Molti romanzi sono stati portati sul grande schermo da registi come Vittorio De Sica, Mario Monicelli, Damiano Damiani, Bernardo Bertolucci e Jean-Luc Godard. (AGI)

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