9 Agosto 2015

Peggiora l’alimentazione degli italiani: addio a verdure e vitamine, più grassi e zuccheri

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Dal sovrappeso/obesità al diabete, dalla sarcopenia ai disturbi dell’alimentazione, e poi tossinfezioni alimentari, integratori diffusi in modo incongrui, e soprattutto la tendenza ad abbandonare la dieta mediterranea, l’addio alle verdure e alle vitamine a favore di grassi e zuccheri.

(pensierinviaggio.it)

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Questi e altri sono i punti affrontati nel “Manifesto delle criticità in nutrizione clinica e preventiva. Le prime 10 sfide italiane”, promosso dall’ADI, Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica e presentato ieri a Expo con la partecipazione di Giuseppe Ruocco, direttore generale per l’Igiene e la Sicurezza degli alimenti e della nutrizione del ministero della Salute, e di molti esperti delle diverse associazioni scientifiche sull’alimentazione.

Negli ultimi 50 anni i consumi alimentari degli italiani sono radicalmente mutati – si legge nel documento -. E’ impreciso ritenere che allora la dieta fosse migliore, perche’ per esempio c’era il boom delle margarine ed erano forti i movimenti antiallattamento al seno. La modifica della composizione della dieta ha portato a un progressivo allontanamento dal modello alimentare mediterraneo: incremento dell’apporto di energia, passando da 2956 kcal/die per persona nel 1961, a circa 3627 kcal/die per persona nel 2010 (+22,7%, pari a circa 670 kcal/die, dovuto per i 2/3 all’aumentato consumo di alimenti di origine animale); incremento pro capite del consumo di proteine e grassi di origine animale; + 111,4% per i grassi (da 29 a 61 g/die) e + 110,7% per le proteine (da 33,3 a 70,4 g/die); riduzione del consumo di carboidrati complessi di circa il 9% (da 515 g/die nel 1961 a 469 g/die nel 2009) e incremento di circa il 20% del consumo di zuccheri aggiunti”.

Grande impatto negativo sulla salute. Il cambiamento dei consumi alimentari e di conseguenza della composizione della dieta, associato a uno stile di vita sedentario, ha avuto un notevole impatto negativo sulla salute: ed ecco allora diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari e tumori. Ma soprattutto l’obesità, che colpisce un milione di italiani, oltre ai milioni in sovrappeso. Eppure, secondo gli esperti, addirittura 48 milioni di italiani non conoscono la dieta mediterranea, ossia l’80% (Dati Siprec).

Meno carboidrati e più grassi, carne e zuccheri, oltre all’addio alle verdure: 5 porzioni al giorno di frutta e verdura sono consumate dal 10% appena della popolazione, con una maggiore frequenza di donne (11%), adulti (50-69 anni, 13%), dei più istruiti e senza difficoltà economiche (11%). “Tale divario – si legge nel documento – è destinato ad aumentare in virtù del peggioramento della crisi economica e del ridotto potere d’acquisto che colpisce i più deboli”. I dati parlano chiaro: in 11 anni l’acquisto medio annuo a famiglia di frutta e verdura è passato da 450 a 347 chili.

Il “Manifesto delle criticità in nutrizione clinica e preventiva. Le prime 10 sfide italiane”. Il manifesto propone di “adoperarsi per trovare il giusto compromesso tra i fondamenti dei consumi e le abitudini alimentari caratteristici del bacino del Mediterraneo e gli attuali ritmi e stili di vita (inclusa quella lavorativa, relazionale, ecc.). Fondamentale un’azione di contrasto ai falsi claim riportati sulle etichette di alcuni prodotti alimentari che non sono supportati dall’EFSA e la necessità di sviluppare una legislazione che avversi qualsiasi strategia di marketing che favorisca l’acquisto e il consumo di prodotti alimentari “unhealthy”(termine di “moda” ma vago quanto a interpretazione) quali: esposizione di questi prodotti in aree strategiche, per esempio in prossimità delle casse nei supermercati; nei distributori locati nelle strutture sanitarie, scuole e palestre, ecc.; utilizzo di pubblicità ingannevole finalizzata a esaltare le proprietà benefiche di un prodotto in assenza di evidenze scientifiche; pubblicità invasiva per prodotti “unhealthy” durante le trasmissioni per le fasce protette.

Una strategia di prevenzione antiobesità “sarebbe attuabile in Italia al costo di 17 euro a persona e garantirebbe un risparmio economico in termini farmaceutici salvando 75.000 vite nei primi anni”. E poi il diabete: nell’arco di soli 9 anni (dal 2000 al 2012) la percentuale di malati in Italia è passata dal 3,7% al 5,5%. L’International Diabetes Federation, prevedeva per il 2025 più di 3 milioni di diabetici in Italia (età 20-75 anni). Già oggi abbiamo raggiunto questa stima, con oltre 15 anni di anticipo. Se la crescita continuerà ai ritmi attuali, entro 20 anni potrebbero essere 5 milioni le persone con diabete. Un capitolo è dedicato ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge eating, altri disturbi), molto comuni, in particolare nelle adolescenti e nelle giovani adulte. La prevalenza media dell’anoressia nervosa, della bulimia nervosa e del disturbo da binge eating è dello 0,3%, dell’1% e del 2,6% rispettivamente. Secondo il documento “dovrebbe essere maggiormente diffusa la pratica del Task Shifting (formazione dei formatori) per implementare, in particolare, i trattamenti ambulatoriali basati sulle evidenze. Andrebbero inoltre attivati programmi di sorveglianza, specie nel gruppo target 9-18”. (AGI)

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