21 Febbraio 2015

L’Istat conferma la deflazione dell’Italia: toccato il minimo dal 1959. Caduta libera per i consumi

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L’Istat conferma la fase di deflazione: a gennaio il tasso ha segnato quota -0,6%, il minimo dal 1959. Un calo dello 0,6% tendenziale, cioè rispetto allo stesso mese dell’anno precedente non accadeva dal settembre di 56 anni fa, quando si registrò un decremento dell’1,1%. A gennaio tutti i capoluoghi di regione e le province autonome sono in deflazione, eccetto Bolzano (+0,3%). Per il resto, su base annua, sono tutti segni meno, dal -1,1% di Firenze al -0,1% di Palermo. Guardando a tutte le grandi città (oltre 150mila abitanti) non se ne salva nessuna, giusto Parma presenta un indice fermo.

(linkiesta.it)

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L’Italia in deflazione, toccato il minimo dal 1959. L’Istat conferma la fase di deflazione per l’Italia, che a gennaio ha registrato un -0,6% tendenziale e non accadeva dal settembre di 56 anni fa. Anche il carrello della spesa è in flessione: l’Istat rileva che a gennaio, i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza diminuiscono dello 0,5% rispetto al mese precedente per effetto principalmente dei ribassi dei prezzi dei carburanti e registrano una flessione su base annua (-1,4%) di ampiezza quasi tripla rispetto a quella rilevata a dicembre (-0,5%). Anche i prezzi dei prodotti a media frequenza di acquisto diminuiscono su base mensile (-0,7%) e fanno registrare un calo tendenziale (-0,2%, da +0,5% del mese precedente); a questa dinamica contribuiscono soprattutto i ribassi dei prezzi dei servizi di trasporto aereo passeggeri e la diminuzione del prezzo dell?energia elettrica. Per contro, i prezzi dei prodotti a bassa frequenza di acquisto registrano un lieve aumento congiunturale (+0,1%) e mostrano, al pari di quanto rilevato a dicembre, un tasso tendenziale nullo.

“Un segnale sconcertante” per i presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “E’ un segnale sconcertante perchè conferma la grave crisi della domanda di mercato interna, che denunciamo instancabilmente da anni”, dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “Basti pensare che la caduta dei consumi solo nel triennio 2012-14 è stata pari al -10,7% (vale a dire una contrazione complessiva della spesa di circa 78 miliardi di euro). Le famiglie hanno ridotto drasticamente persino i consumi vitali e difficilmente intaccabili, come quello alimentare (-11,6% dal 2008) e quello della sanità (-23,1% sempre dal 2008). Quello che ci preoccupa maggiormente – proseguono i presidenti di Federconsumatori ed Adusbef – è che in questi anni, nonostante l’avanzare di segnali evidenti circa tali sviluppi, nulla o quasi è stato fatto per risollevare la situazione ed aprire una nuova fase di crescita e di rilancio della domanda interna. Non sono stati avviati investimenti per rilanciare il mercato del lavoro, né per lo sviluppo e la ricerca, né per il rilancio del turismo. E’ chiaro che, se il Governo non si decide ad intervenire su questi fronti, l’intero andamento del sistema economico non potrà che peggiorare”.

La richiesta sl Governo: “Attuare urgentemente le misure di cui il paese ha bisogno”. “Per questo, di fronte a dati così allarmanti, vorremmo richiamare alla responsabilità Governo e Parlamento, affinchè attuino urgentemente le misure di cui il Paese ha veramente bisogno, in primis un Piano Straordinario per il Lavoro che preveda: il rilancio investimenti per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (in primo luogo per quanto riguarda le rete a banda larga); un serio programma per l’incentivazione e lo sviluppo del turismo, che sappia valorizzare l’inestimabile patrimonio di cui il nostro Paese dispone; un avvio di opere di modernizzazione delle infrastrutture e messa in sicurezza degli edifici pubblici, a partire da scuole e ospedali. Sia chiaro – concludono Trefiletti e Lannutti – che intervenire sul versante del rilancio occupazionale non significa solo restituire redditi e prospettive a milioni di disoccupati, ma anche alleggerire il carico che attualmente pesa sulle famiglie che, con stipendi e pensioni di genitori e nonni, sostengono i giovani (e no) senza lavoro”. (AGI)

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