29 Maggio 2014

Ucraina, gli osservatori Ocse detenuti stanno bene. Tensione tra Obama e Putin

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Viaceslav Ponomariov, il sindaco “popolare” di Sloviansk, roccaforte dei separatisti filorussi nell’est ucraino, ha affermato che i quattro osservatori dell’Osce spariti nei giorni scorsi vicino a Donetsk sono detenuti dalla milizia locale in un luogo di sua conoscenza e che stanno bene. Intanto i ribelli filorussi dichiarano: “Combatteremo fino alla vittoria.”

(bloomberg.com)

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“Avevamo chiesto loro di non andare da nessuna parte per un po’ di tempo, ma queste quattro persone sono risultate troppo zelanti”, ha aggiunto. Intanto il presidente ucraino eletto, Petro Poroshenko, preme perché la parte economica dell’accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles sia firmata al più presto, subito dopo il suo insediamento. “La firma e l’attuazione dell’accordo, che è di fatto parte del piano di modernizzazione dell’Ucraina, contribuirà a perseguire le misure anti corruzione e a realizzare un pacchetto di riforme in un periodo di tempo molto breve”, ha dichiarato.

E dagli Usa nuovo avvertimento alla Russia: “Questa non è una nuova guerra fredda”: lo ha detto il presidente americano, Barack Obama, sottolineando come la linea degli Usa sulla crisi ucraina è quella di “agire insieme agli alleati e alla comunità internazionale che hanno dato al popolo ucraino la possibilità di votare e scegliere i loro futuro”. “Non combatteremo fino alla fine, ma fino alla vittoria”: lo ha detto il leader dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dnr), Denis Pushilin, davanti a una folla di sostenitori. Concetto ribadito dal premier Alexander Borodai poco dopo in una conferenza stampa in un albergo della città.

Caccia militari sorvolano Donetsk, ha constatato l’inviato dell’ANSA. Raffiche di mitragliatrici risuonano nei pressi della sede dell’Sbu, i servizi segreti ucraini, secondo quanto riferiscono testimoni oculari. La sede si trova nei pressi del palazzo dell’amministrazione, occupata dai separatisti. Precipita la situazione nella città cinta d’assedio dalle forze militari ucraine che hanno intimato ai ribelli separatisti di andare via o verranno “colpiti con precisione”. Una minaccia che ieri si è trasformata in bagno di sangue. Almeno 100 gli uccisi nella battaglia per l’aeroporto internazionale della città, dilagata presto nei quartieri residenziali limitrofi. E arrivata a lambire la stazione centrale, a due passi dalla zona degli alberghi affollati di giornalisti stranieri e civili in cerca di rifugio.

Le autorità della Repubblica popolare di Donetsk hanno confermato il coprifuoco dalle 20 alle 6 del mattino.  Circa 300 minatori intanto sono arrivati in corteo a piazza Lenin. A quanto si apprende, si tratterebbe di una agitazione di natura sindacale, mentre altre fonti ipotizzano motivazioni politiche – alcune frange dei lavoratori del settore sono considerate simpatizzanti dell’oligarca Rinat Akhmetov. I minatori smentiscono chi li voleva schierati con Kiev: lo scopo della manifestazione è quello di condannare “la punitiva operazione militare delle forze ucraine”. Nella piazza regna la quiete.

Per il Cremlino l’uso della forza nell’est ucraino porta la crisi ad un “vicolo cieco” dopo il quale sarà sempre più difficile organizzare il dialogo tra Kiev e le regioni separatiste, ha detto il consigliere diplomatico presidenziale Iuri Ushakov. “Riteniamo che le provocatorie azioni di forza stanno portando la situazione in un vicolo cieco, dopo il quale sarà sempre più difficile organizzare il dialogo con i rappresentanti sia della regione di Donetsk sia di quella di Lugansk”, ha dichiarato Iuri Ushakov.

(ansa.it)

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