10 Maggio 2014

Italia, Roma e Napoli le città più a rischio per voragini e “sinkholes”

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Roma, Napoli e Cagliari sul podio della classifica riguardante il fenomeno dei sinkholes.

Un esempio di sinkhole (befan.it)

Un esempio di sinkhole (befan.it)

E’ quanto emerso nel corso del convegno organizzato dall’Ispra “Voragini in Italia: i sinkholes e le cavità sotterranee: ricerca storica, tecniche di studio e d’intervento” durante il quale è stata presentata una “Carta di suscettibilità ai sinkholes” del territorio di Roma sino al Raccordo anulare, aggiornata al 2014. In particolare, l’Ispra ha censito a Roma più di 2500 sinkholes dal 1875 al 2014. Tra le regioni più colpite dai fenomeni di sprofondamento naturale, la Campania, la Sardegna, la Puglia e il Lazio. In particolare per quest’ultima, sono state individuate 33 aree a rischio, con un totale di 393 voragini censite.

Una normativa ad hoc è stata realizzata dalle Regioni Lazio e Sardegna, dalle Autorità di Bacino dell’Abruzzo e della Puglia, le quali prevedono sia il monitoraggio delle aree edificate che di quelle su cui si intende costruire. La Regione Sardegna ha individuato finora 45 aree a rischio sinkhole, di cui 27 localizzate nelle zone minerarie metallifere e lignitifere del Sulcis-Iglesiente. Così, dopo aver censito le voragini di tipo naturale sul territorio italiano l’Ispra, consapevole della loro importanza, dal 2009 ha iniziato il monitoraggio e lo studio dei sinkholes antropogenici nelle aree urbane.

In cima alla classifica delle città esposte, oltre a Roma, Napoli e Cagliari, anche Palermo e Messina. Nel sottosuolo della Capitale, come in molte città italiane, tra le quali Napoli (dove, da diversi anni, sono state censite dal comune oltre 900 cavità sotterranee, per una superficie complessiva di oltre 60 ettari) è presente un reticolo esteso e denso di cavità sotterranee: cave, catacombe, reti idrauliche, acquedotti, fognature e cunicoli di interesse archeologico, che se interessate da piogge copiose, fratture del suolo, eventi sismici o attività umane non adeguate alla situazione geologica, possono innescare i sinkholes.

Ad esempio, il quadrante est della Capitale è particolarmente ricco di cave di tufo scavate dai romani in galleria nel sottosuolo, che corrono per km e collegate tra loro. La presenza di tali cavità potrebbe essere ragione del collasso degli strati più superficiali del terreno, con la formazione di voragini di dimensioni metriche. In sintesi, nel solo territorio di Roma, negli ultimi 15 anni si sono verificati in media 100 sprofondamenti l’anno, dovuti per lo più a cedimenti delle cavità sotterranee, con danni anche significativi. Il fenomeno è purtroppo in incremento e nei recenti episodi alluvionali intensi, si sono aperti 20 sprofondamenti al giorno di dimensioni e pericolosità molto diversi tra loro a causa del sovraccarico di pioggia nella rete dei sottoservizi della Capitale. Tra i quartieri che meritano particolare attenzione, il Prenestino, l’Appio-Tuscolano, il Tiburtino, Monteverde vecchio e l’Esquilino.

Il Servizio Geologico d’Italia dell’ISPRA, da anni impegnato nella realizzazione di uno studio sistematico degli sprofondamenti, ha realizzato un Database Nazionale dei Sinkholes consultabile sul sito dell’Istituto isprambiente.gov.it e ha proposto di realizzare una mappatura di suscettibilità del territorio mediante una metodologia geo-statistica.

(adnkronos.it)

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