28 Aprile 2014

Le Ragazze del Porno: la post-pornografia e l’autodeterminazione sessuale femminile

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“C’era una volta una giovane inesperta delle cose del mondo, incantevole, pura ma costretta a una vita sacrifici. Tutto cambiò quando arrivò lui: forte, ricco, bello come un principe. La fece sua, insegnandole l’amore. E’ la trama di Cenerentola ma, rivista e corretta con latex e frustini, anche quella di Cinquanta sfumature di grigio. E’ possibile che non ci siano altri modi di declinare le relazioni?”.

(blumilk.net)

(blumilk.net)

Parte da qui la riflessione-provocazione mossa da “Le ragazze del porno”, un gruppo di registe italiane che hanno deciso di lavorare insieme per la realizzare un film di cortometraggi pornoerotici. Oltre a Tiziana Lo Porto, ideatrice del progetto, fanno parte del “collettivo” Maria Chiaretti, Erica Z. Galli per Industria Indipendente, Anna Negri, Regina Orioli, Titta Cosetta Raccagni, Lidia Ravviso, Emanuela Rossi, Slavina, Monica Stambrini e Roberta Torre.

Nel 2009 la regista svedese Mia Engberg, autrice del progetto di corti porno al femminile The Dirty Diares Project, ha scritto un manifesto sulla pornografia femminile. Manifesto oggi condiviso e appoggiato da “Le ragazze del Porno”. Impossibile non soffermarsi sul primo punto di quest’ultimo che recita “Siamo belle come siamo” rivendicando il diritto ad essere come si è, senza il bisogno di rincorrere ideali di bellezza malati e promossi dai media e dai poteri commerciali. Un concetto piuttosto difficile da promulgare in tempi come i nostri ma che dovrebbe essere condiviso e appoggiato, senza ipocrisie, da un paese intero, che invece non fa altro che propagandare una spesso ormai vecchia idea di donna oggetto, rispecchiante il modello barbie-Belèn e necessario al raggiungimento di un qualsiasi tipo di obbiettivo, soprattutto lavorativo. Citando la favola di Cenerentola e il più attuale caso editoriale Cinquanta sfumature di grigio di E. L. James, in cui il rapporto donna-uomo si muove attraverso una sottile e poi esplicita violenza erotica di coppia, il “collettivo” si pone una domanda che dovrebbero chiedersi in molti: perché il desiderio di sottomissione femminile occasionale o continuativo viene rappresentato come violenza, stigmatizzando quest’ultima, se è una scelta?

Alla donna non è data facoltà di scegliere e autodeterminarsi, anche nel rapporto sessuale? Se, idealmente o meno sottomessa, volutamente, è di conseguenza vittima di una violenza psico-fisica? Non solo deve essere commercialmente bella ma anche assecondare e non pretendere di essere assecondata dal proprio partner. Deve stare al proprio posto e, se sceglie principalmente di compiacere in modo più o meno estremo, viene confusa con un’abusata? Dev’essere per cliché sessualmente sottomessa ma non troppo o almeno non per scelta ma più per consuetudine. Il punto due del manifesto dice: Difendi il diritto di essere arrapata, la sessualità delle donne viene accettata solo se si adatta ai bisogni dell’uomo. E ancora, al punto cinque: Sconce quanto ci pare, godi, decidi o lascia perdere, dì NO quando ti pare, per essere in grado di dire di Sì quando vuoi TU. Insomma, una donna ha il diritto di vivere la sessualità e il rapporto di coppia concretizzando anche i suoi di desideri, siano quello di essere “sottomessa”, “dominante” o entrambe le cose, che non vanno confuse con violenze subite o più raramente esercitate ma sono pure scelte appartenenti alla sfera delle libertà individuali. Scelte compiute e rivendicate liberamente da ogni uomo esistente sulla terra.

Le registe de "Le Ragazze del porno" (leragazzedelporno.org)

Il collettivo “Le Ragazze del porno” (leragazzedelporno.org)

Nella pornografia, ma non solo, la donna è però tipicamente sottomessa al desiderio maschile, umiliata, degradata a cosa. E’ anche attraverso l’hard, secondo “Le ragazze del Porno”, che si viene inconsciamente educati a vedere pezzi di corpi e non persone e se possiamo supporre che un adulto abbia strumenti culturali ed esperienza per comprendere che la rappresentazione hard del sesso non è reale, lo stesso non si può dire dei più giovani.

Molti adolescenti costruiscono il loro desiderio attraverso la pornografia”, racconta la Campani e continua: “Così facendo, però, si creano un immaginario distorto, nel quale è normale che l’uomo possegga la donna senza mai trovare resistenza, e finiscono per trovare normale anche il voler riprodurre queste dinamiche nelle proprio vite”. A normalizzare questa visione ha contribuito, inoltre, il circo mediatico, per esempio, con pubblicità in cui i corpi sono macchine luccicanti, oggetti desiderabili, proprio come ciò che cercano di vendere.

Come scrive Erin Hatton, il problema non è che le donne siano ritratte in maniera sexy ma che siano rappresentate come oggetti passivi per il desiderio sessuale di qualcun altro. Da nascosto nel ruolo di moglie-madre, “il corpo delle donne”, citando Lorella Zanardo e il suo omonimo documentario, ha saturato ogni spazio, venendo trasformato in un burqa di carne. “Né madonne, né puttane, si diceva negli anni ’70” ricorda la Campani che ritiene che se tutto viene veicolato dalla stessa immagine, allora è la libertà di essere ciò che vuoi ad essere limitata, non solo quella sessuale ormai acquisita. E se si provasse ad allargare l’immagine del desiderio partendo proprio dalla pornografia? Slavina, attivista ed esponente del collettivo “Le ragazze del Porno” spiega che l’intento è quello di spostare il punto di vista, creando immaginari non conformi, che includano varianti possibili della sessualità.

L’obiettivo è quello di girare, attraverso il crowdfunding, un film aderente al movimento artistico post-porno, che proponga la fruizione di rappresentazioni alternative del corpo, elaborando un immaginario nel quale abbiano posto le sessualità periferiche e dissidenti. “Mentre il porno ha una finalità esclusivamente masturbatoria, nella post-pornografia – continua Slavina – sono in gioco elementi legati alla riflessione. La repressione della sessualità è un’articolazione fondamentale del controllo sociale.”

Una fotografia scattata durante la realizzazione di una scena (blumilk.net)

Una fotografia scattata durante la realizzazione di una scena (blumilk.net)

Residente in Spagna da anni ma romana, Slavina, punta l’attenzione anche sulla sessuofobia italiana che passerebbe oggi attraverso il controllo del corpo femminile. Certamente, il film che si propongono di realizzare “Le ragazze del Porno” non ci si aspetti che metta in secondo piano il sesso, trattasi sempre di film eccitante, erotico ma che non si esaurisce nel tempo di una masturbata, per esser chiari. Proiettati allo Stockholm Film Festival, i “Dirty diaries” di Mia Engberg suscitarono polemiche e reazioni deprimenti: “Perché queste donne sono così brutte? Perché non si truccano?”, queste alcune delle domande dei presenti, abituati invece a una rappresentazione femminile standardizzata e ritenendo tabù le immagini proposte dalla regista. Si parte quindi dal desiderio di rompere il tabù sesso e soprattutto quello dell’immagine della sessualità della donna. Slavina conclude:

“Rivoluzionare lo spazio dell’intimità significa ripensare in maniera globale le relazioni. I nuovi immaginari sessuali che veicola la post-pornografia possono aiutare a inventare nuove forme di cooperazione, basate più sul rispetto delle differenze che sulla competizione e lo sfruttamento”. Forse hanno ragione “Le ragazze del porno”, si può partire dal sesso, combattendo tabù e rivisitando una rappresentazione femminile sessuale poco aderente alla realtà e da troppo tempo umiliante. Perché non provarci?

“Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore.” – Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari

“Gli uomini ignoreranno sempre la loro vera natura finchè non lasceranno le donne libere di realizzare la propria personalità.” – Indira Gandhi

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