5 Marzo 2014

Tema dei frontalieri: “Lo Stivale Pensante” si scusa con il giornalista Colandrea ed il CdT

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Dopo il tanto clamore suscitato dall’ironia sui frontalieri, dalle righe dell’articolo “E’ Carnevale, sorridi frontaliere”, la redazione de “Lo Stivale Pensante” esprime la propria solidarietà nei confronti del giornalista del Corriere del Ticino, Andrea Colandrea, scusandosi per essere stato la scintilla di inappropriate critiche sulle competenze professionali e personali nei suoi riguardi.

Il valico di Zenna, nel luinese (info.rsi.ch)

Il valico di Zenna, nel luinese (info.rsi.ch)

La redazione de “Lo Stivale Pensante” si scusa formalmente con il giornalista del Corriere del Ticino, Andrea Colandrea, per aver scritto l’articolo “Il Corriere del Ticino: zitto frontaliere, sgobba e paga le tasse”, titolo che peraltro non è mai stato pubblicato sulla testata ticinese. L’errore deriva prettamente dalle ingiuste critiche mosse al giornalista che aveva, invece, l’intento di usare un tono ironico e scanzonato sul così tanto discusso e complesso tema dei frontalieri in Canton Ticino, denunciando in particolare il fatto che la politica svizzera, oggi più che mai, sembra spesso vedere nei frontalieri una sorta di capro espiatorio.

Il giornalista, infatti, nel corso della propria lunga carriera professionale, ha sempre preso le “difese” dei frontalieri stessi in nome di un giusto equilibrio sul mercato del lavoro ticinese nell’interesse dei residenti ma anche di questa categoria di lavoratori italiani. Il suo intento nel pezzo “E’ Carnevale, sorridi frontaliere” era quello di dare maggior risalto, con sottile ironia, a questa tematica. “Scherzarci su”, insomma, per dire al frontaliere di restare positivo nonostante l’ingiusto accanimento che subisce in parte nell’opinione pubblica. Il giornalista non voleva certo sminuire la problematica, ma cercare piuttosto di parlarne in modo diverso dal solito, dopo l’esito del referendum contro l’immigrazione di massa approvato in Svizzera lo scorso 9 febbraio. Fatto, quest’ultimo, che emerge chiaramente dal secondo commento di Colandrea intitolato “Frontaliere, sorriso da non fraintendere”, che spiega – senza ironia questa volta – la necessità di trovare soluzioni “concertate” tra Roma e Berna.

Per questa ragione, ci sembra appropriato citare alcuni stralci di un articolo che ha pubblicato “Il Corriere del Ticino” dell’8 febbraio 2014, un giorno prima del referendum, a firma proprio del giornalista Andrea Colandrea.

“Il Ticino, che già oggi sulla tassazione dei frontalieri pratica un’aliquota più alta rispetto a quella dei domiciliati, potrebbe – questo sì – mantenere in cassa 50-60 milioni di franchi all’anno frutto delle imposte alla fonte versate dai frontalieri, senza doverli ristornare all’Italia come avviene oggi (sempre ammesso che Berna e Roma trovino un accordo in tal senso) e ciò potrebbe, a prima vista, essere molto importante dal profilo finanziario per le casse pubbliche. Con una revisione dell’accordo sui frontalieri, potrebbero esservi, però, anche importanti effetti collaterali”. Oppure “In caso poi, la nuova tassazione dei frontalieri, meno vantaggiosa, ne riducesse effettivamente il numero in modo drastico, oltre al calo delle imposte versate in Ticino (comunque non da sottovalutare – ristorni o non ristorni) potrebbe esservi il rischio di una perdita di competitività delle stesse imprese ticinesi. Lo temono l’AITI e pure i sindacati, secondo cui una parte delle aziende ticinesi, confrontate con una dura concorrenza dall’UE, non ci starebbero più coi costi e sarebbero costrette a lasciare il nostro Paese e a licenziare, di conseguenza, anche i residenti. Timori esagerati? Meglio, comunque, non sottovalutarli”.

“Un’ultima attenzione merita la critica alla quota di ristorno del 38,8% pattuita a suo tempo dall’Italia con la Svizzera, spesso contrapposta a quella, ben più esigua, in vigore con l’Austria, del 12,6%. Com’è possibile, ci si chiede, che vi sia una simile differenza? Esulando dalle ragioni che hanno portato a fissare quella quota (c’è chi parla di un baratto tra Berna e Roma) e dal fatto che i frontalieri italiani siano sempre stati numericamente più numerosi, va fatta una considerazione importante: il Ticino, in ogni caso, non ci ha rimesso. Anzi. Come indica Kindah Bourhan nello studio SUPSI del 2010 “La compensazione finanziaria dell’imposta alla fonte e l’analisi tecnica dell’Accordo sui frontalieri”, nonostante questa differenza, “il Ticino applica ai frontalieri un’aliquota più alta, e quindi, nonostante i ristorni, incassa una somma maggiore. Nel caso del nostro esempio – argomenta – al fisco grigionese rimangono 184 franchi, mentre il fisco ticinese, sull’imposta alla fonte pagata dal frontaliere italiano, si tiene 600 franchi”. Non parliamo dunque di regali fiscali. Nessuno ha rubato nulla. Lo sviluppo economico raggiunto dal Cantone, poi, non ha prezzo. Concludiamo. Regolare la presenza di lavoratori frontalieri in Ticino, è un obiettivo che può essere raggiunto soltanto se la concorrenza tra cittadini UE e svizzeri viene disciplinata con controlli ancora più severi e contratti adeguati, con incentivi fiscali per gli imprenditori che “giocano pulito”. Gli ambienti economici e i sindacati, come detto, sanno molto bene che la difficoltà di reperire personale sarebbe peggiore del male che si vuole curare, in caso si tornasse alla situazione ante-libera circolazione delle persone. D’altro canto i residenti hanno tutto il diritto di ottenere adeguate tutele occupazionali, ci mancherebbe altro. Se, in questo ambito, l’accordo sui frontalieri del 1974 si può considerare ormai datato e superato da altri accordi, per regolare l’afflusso di personale frontaliero in Ticino, anche soluzioni che ricordano il protezionismo di un tempo che fu, sono inesorabilmente destinate a portare più danni che benefici”.

Proprio per le sopracitate frasi scritte in questo articolo di Andrea Colandrea, che affrontava in maniera esauriente e scrupolosa tutte le dinamiche che potrebbero scaturire nei confronti dei frontalieri in seguito al referendum, infine, abbiamo ritenuto opportuno fare una simile rettifica, per quanto scritto precedentemente da noi. L’articolo esprimeva, forse con eccessiva fretta, un’opinione di pancia sull’ironia utilizzata da “E’ Carnevale, sorridi frontaliere”, ritenendola, per il periodo che stiamo vivendo, certamente coraggiosa, non volendo in nessun modo mancare di rispetto al giornalista Colandrea, né tantomeno coinvolgerlo in simili attacchi personali come è avvenuto sui social network.

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