24 Febbraio 2014

Istat e reddito: le donne “valgono” metà degli uomini

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“Il capitale umano di ciascun italiano equivarrebbe a circa 342mila euro” e le donne valgono metà degli uomini (231mila euro contro 453mila). Lo stima l’Istat, che diffonde per la prima volta “informazioni sperimentali circa il valore monetario attribuibile allo stock del capitale umano”, cioè la capacità di generare reddito. La cifra, riferita al 2008, riguarda le attività di mercato.

(ehow.com)

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“Forti – rileva l’istituto statistico – appaiono le differenze di genere nella dotazione di capitale umano: il 66 per cento dello stock complessivo si concentra nella componente maschile”. La capacità di generare reddito per le donne è ridotta quasi della metà (-49%).  “Il differenziale è da mettersi in relazione alle differenze di remunerazione esistenti tra uomini e donne, ma anche al minor numero di donne che lavorano e al minor numero di anni lavorati in media dalle donne nell’arco della loro vita”, spiega l’Istat. Tuttavia, “poiché le donne prevalgono di gran lunga nel lavoro domestico”, le differenze di genere si riducono se si estendono le stime dello stock di capitale umano considerando le attività non ‘market’, che comprendono anche il lavoro domestico. Ecco che le donne si aggiudicano un valore pro-capite di 431 mila euro (+12,3% rispetto alla componente maschile).

Un altro divario si ritrova comparando le diverse fasce d’età: il capitale umano pro-capite di un giovane è pari a oltre 556 mila euro, contro i 293 mila euro dei lavoratori nella classe centrale (35-54anni) e ai soli 46 mila euro dei lavoratori tra 55 e 64 anni. “Va però rilevato che l’alto livello della disoccupazione giovanile nel nostro Paese”, spiega l’Istat, “suggerisce forte incertezza circa la possibilità per i giovani di inserirsi nei processi produttivi, ed è quindi possibile che sia realistico rivedere al ribasso la stima dei redditi da lavoro attesi e di conseguenza quella del valore del capitale umano complessivo del Paese”.

Il valore dello stock totale di capitale umano è di circa 13.475 miliardi di euro, spiega l’Istat, e trasformando tale valore in termini pro-capite si arriva, appunto, a poco più di 340 mila euro. “La stima monetaria calcolata a livello nazionale per lo stock di capitale umano dà una misura sperimentale dell’entità di questa dotazione di capitale rispetto alla ricchezza prodotta nel Paese”, rileva l’Istituto di statistica. Ecco che nel 2008 lo stock di capitale umano risulta pari a oltre otto volte e mezzo il valore del Pil dello stesso anno. Il metodo di calcolo usato dall’Istat considera il valore attuale del reddito da lavoro lungo il ciclo di vita previsto tenendo conto di possibili cambiamenti della retribuzione (dovuti anche all’esperienza), di ulteriore istruzione che si può acquisire, di modelli differenziali di partecipazione alla forza lavoro e della mortalità. Quindi si tiene conto della formazione, delle condizioni del mercato del lavoro e delle tendenze demografiche.

Fin qui le stime relative alle sole attività ‘market’, ovvero quelle che vengono vendute sul mercato, ma l’Istat ha anche esteso il calcolo dello stock di capitale umano alle attività ‘fuori mercato’, quantificandone il valore, sempre con riferimento al 2008 e alle persone tra i 15 e i 64 anni, in circa 16 mila miliardi di euro, pari a 10,2 volte il Pil, di cui oltre 6.100 relativi alla produzione familiare, traducibile con ‘lavoro casalingo’ (cure familiari, abitazione, eccetera), e 9.900 con riferimento all’uso del tempo libero (vita sociale, hobby, attività sportive). Il capitale umano che un italiano tipo impiega in queste attività equivarrebbe a circa 407 mila euro. L’Istat nel presentare il lavoro ha spiegato come sia il risultato delle attività di ricerca sul tema della misurazione del capitale umano “conseguenti alla partecipazione dell’Istituto alla creazione di un Consorzio internazionale in ambito Ocse”.

L’Italia sconta “un rilevante gap in termini di stock di capitale umano” rispetto ai “principali Paesi Ocse”. Anche se l’aggiornamento dei dati validi per il confronto internazionale si ferma al 2006, si tratta comunque di stime nuove, diffuse per la prima volta. Ecco che l’Italia è ultima tra Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia e Spagna, ovvero tra gli stati che hanno aderito al progetto Human Capital dell’Ocse. Nel 2006 quindi “l’Italia presenta una più bassa incidenza di capitale umano sul Pil nominale: 8,8 volte il Pil contro le oltre 11 volte della Spagna o le 10 volte e mezzo degli Stati Uniti”. Anche se, prosegue l’Istat, nel decennio compreso tra il 1998 e il 2008 in Italia si è osservata una crescita, dovuta all’aumento del tasso di occupazione e del livello d’istruzione della popolazione, fondamentale per misurare il capitale umano.

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