25 Novembre 2023

17 anni fa l’addio a George Best, un fenomeno diviso tra “genio e sregolatezza”

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Ho speso gran parte dei miei soldi per donne, alcol e automobili. Il resto l’ho sperperato.

(biografieonline.it) George Best è stato uno dei più grandi calciatori di sempre. Purtroppo – sono in molti a crederlo – sarebbe potuto diventare ancora più grande se non avesse scelto l’eccesso come sua filosofia di vita. George Best nasce in un povero quartiere di Belfast (Irlanda del Nord) il 22 maggio 1946 e si dedica al calcio fin da bambino. La sua corporatura è esile e purtroppo lo penalizza: ancora non è facile scorgere in lui il talento naturale che poi si rivelerà. Quindicenne, George Best segna due gol in una partita che vede come avversari ragazzi tre anni più grandi di lui: qui viene notato dagli osservatori del Manchester United.

Best entra così a far parte dell’importante squadra inglese, sotto la guida di Matt Busby, allenatore, manager nonchè proprietario della società calcistica. Il suo primo impatto con l’Old Trafford di Manchester non è dei migliori: George, arrivato da Belfast in traghetto insieme ad un suo connazionale coetaneo e suo futuro compango di squadra, resiste un solo giorno. Molto provato a causa della giovanissima età, ha nostalgia di casa, così prende il primo traghetto per Belfast. Best viene raggiunto a Belfast dallo stesso Busby, il quale, con grande comprensione, ma anche con grande abilità, convince il giovane Best a ritornare a Manchester per provare di nuovo. Il Manchester, che vede tra i suoi ragazzi anche illustri nomi come quelli di Bobby Charlton e Denis Law, di lì a poco trionferà in tutta Europa.

George debutta nel campionato inglese all’età di diciassette anni contro il West Bromwich. Nel 1966 partecipa alla storica vittoria nei quarti di finale di Coppa Campioni, contro il Benfica di Eusebio: dei cinque gol del Manchester United, due sono siglati da Best. Nel 1965 e nel 1967 vince il campionato inglese. Il 29 maggio 1968 di nuovo contro il Benfica, gioca la finale di Coppa Campioni nel sontuoso stadio di Wembley: Best segna e meraviglia tutti, contribuendo al risultato finale di 4-1.

Best non solo si convince sempre più del suo talento ma anche della sua fama. Al ritorno da una partita, all’aeroporto si presenta alle fans indossando un sombrero, mandandole in visibilio. Da questo episodio pare nascere una star, un’icona, la cui immagine va al di là dei campi da gioco. La fama è quella di un’”icona pop”; verrà soprannominato il “quinto Beatle”, lungo il corso di tutti gli anni ’60, anni nei quali i giovani amavano soprattutto esibirsi con particolarissimi tipi di acconciature e muoversi all’interno del sistema con atteggiamenti anticonformisti.

In campo è uno straordinario prim’attore, un assoluto domatore della folla, pare in grado di vincere le partite da solo. Non si tira indietro nei takle: quando si tratta di contrastare un avversario, gli sradica la palla dai piedi e poi riparte imperioso. Con i suoi dribbling irride gli avversari, il suo tiro è secco e micidiale; alto 172 centimetri, il suo fisico è piuttosto gracile tuttavia incredibilmente potente, e possente nei suoi stacchi di testa. In quegli anni probabilmente solo Pelè gli è superiore, anche se quest’ultimo nel 1966 dichiarerà “George Best è il più grande giocatore del Mondo“.

Raggiunge l’apice del successo e della notorietà vincendo il Pallone d’Oro alla fine del 1968, suo anno d’oro, nonchè anno simbolico per tutto il mondo, caratterizzato dalle note rivolte studentesche e da una scena musicale ribollente. Poi, comincia la sua parabola discendente.

Inizia un periodo di dedizione alle sue passioni “alternative”: l’alcool, le donne (tra le sue numerose compagne vi sono due Miss Universo), il denaro e gli eccessi in genere.

Dopo 13 anni di militanza, dopo l’ennesimo allenamento saltato, dopo l’ennesima furibonda lite con l’allenatore di turno, George Best lascia il Manchester United nel gennaio del 1974. L’ultima volta che George Best vede l’Old Trafford è costretto suo malgrado ad osservarlo dalla panchina. A fine partita imbocca gli spogliatoi, sconsolato, smarrito, piangente, ombra di se stesso e dei suoi eccessi. Varcata quella soglia George Best non sarebbe più tornato indietro, nè avrebbe più rimesso piede nel suo amato Old Trafford come giocatore.

All’età di 28 anni lascia l’Inghilterra, approdando al “soccer” nordamericano, con l’intenzione di esplorare i nuovi orizzonti calcistici dei multimilionari USA. Di lui si ricorda la storica impresa in cui ha segnato sei gol in un solo match, contro il Northampton (FA Cup).

Dopo Miss Mondo, colossali bevute di birra, migliaia di sterline sparse in un letto, ricoveri, periodi di smarrimento, addirittura la prigione (nel 1984, per offesa a pubblico ufficiale e stato di ubriachezza mentre era alla guida) ed una successiva rinascita, questa volta come commentatore d’eccezione per un popolare canale sportivo in Inghilterra, nel 2002 all’età di 56 anni, Best subisce un trapianto di fegato poiché l’alcol aveva ridotto le funzioni del suo organo al 20%.

Nel mese di ottobre 2005 viene ricoverato in ospedale: le sue condizioni sono stabili ma costantemente critiche. All’inizio di novembre l’ex calciatore chiede al suo agente e amico di ritrarre in alcuni scatti fotografici la sua pessima condizione: Best con questa richiesta vuole dare un messaggio chiaro e forte ai giovani, come monito sui pericoli dell’alcol. Morirà pochi giorni dopo, il 25 novembre 2005.

Un autorevole giornalista sportivo inglese scrisse: “Ci sono due modi per ricordare George Best: il primo vi causerà rabbia, rimorso, dolore per non aver visto questo immenso giocatore esprimere tutto il suo formidabile ed inarrivabile talento; la seconda vi porterà gioia, un’incredibile stato di estasi e la privilegiata opportunità di aver potuto ammirare uno dei più grandi artisti sportivi mai apparsi sul pianeta“.

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