Non sono gay ma vorrei esserlo per il solo desiderio di far incazzare gli omofobici.
(biografieonline.it) Era il giorno 8 aprile 1994 quando la radio locale di Seattle trasmise le prime, agghiaccianti indiscrezioni circa la tragica fine di uno dei padri del grunge: “Il cantante dei Nirvana, Kurt Cobain, si è ucciso con un colpo di arma da fuoco nella sua abitazione“, così gracchiò la voce dell’annunciatrice. Una notizia che gettò nella disperazione un’intera schiera di fan, un numero imprecisato di ragazzi che si riconoscevano nei testi amari e privi di speranza del sensibile Kurt.
Ventitré anni senza Kurt Cobain, padre del grunge e simbolo di una generazione. Cronicamente malinconico, perennemente triste e da anni, prima del fatale gesto, privo di alcuno stimolo vitale (come si evince dai suoi diari recentemente pubblicati), il leader dei Nirvana, nacque nel 1967 in una piccola città nello stato di Washington. I genitori, neanche a dirlo, erano di umili origini, così come si confà ad ogni rockstar che si rispetti. Il padre meccanico era un uomo sensibile e dall’animo generoso, mentre la madre, casalinga, rappresentava il carattere forte della famiglia, colei che mandava avanti al casa a prendeva le decisioni più importanti. Stufa di stare in casa, un giorno decide di fare la segretaria per arrotondare lo stipendio, incapace di accettare il ruolo subalterno di massaia.
Kurt, dimostra da subito di essere un bambino curioso e vivace. Oltre ad avere talento per il disegno, è anche portato per la recitazione nonché, ma non c’è bisogno di dirlo, per la musica. Ad un certo momento, la prima feroce delusione: la famiglia divorzia, lui ha solo otto anni ed è troppo piccolo per capire i drammi di una coppia. Sa solo che soffre come mai gli era successo prima. Il padre lo porta con sè in una comunità di taglialegna, in verità poco disponibile verso “i disadattati sensibili ed estrosi”. In particolare, poi, Kurt è particolarmente vivace ed agitato anche se spesso in condizioni di salute mediocri: per calmarlo, gli viene somministrato il pericoloso Ritalin, un farmaco dalla fama sinistra (anche se lo si sa solo da poco tempo).
Basti dire che il Ritalin, che viene tuttora somministrato ai bambini allo scopo di tranquillizzarli, ha effetti sul cervello più potenti di quelli della cocaina. Usando il “brain imaging” (una tecnica usata per registrare immagini che si ipotizza rappresentino fedelmente le variazioni dell’attività neurale regionale ), alcuni scienziati hanno scoperto che il Ritalin (preso da migliaia di bambini inglesi e da quattro milioni di bambini negli Stati Uniti), satura quei neurotrasmettitori che sono responsabili dell'”euforia” sperimentata dai consumatori di droga più che la cocaina inalata o iniettata. Insomma, un farmaco capace di avere effetti nefasti sulla personalità, specie se preso in giovane età. Kurt, per parte sua diventa, malgrado appunto le compresse di Ritalin impostagli per calmarlo, sempre più aggressivo, incontrollabile, tanto che manda in pezzi il rapporto con il padre. All’età di diciassette anni rompe ogni legame con la famiglia e per qualche anno conduce una vita da nomade.
Tra la fine del 1985 e gli inizi del 1986 nascono invece i Nirvana, band fondata da Cobain insieme a Krist Novoselic (inizialmente il batterista era Chad Channing, poi sostituito da Dave Grohl). Sono gli anni in cui la musica punk rock allontana definitivamente a ritmo di danza gli anni della contestazione giovanile (esplosa in tutto il mondo occidentale); ma sono anche gli anni in cui con la musica si esprime disperazione, rabbia, mancanza di artificio. Una nuova forma di protesta che non passa più dalle piazze, ma si esprime attraverso i suoni.
“Smells like Teen Spirit” divenne l’inno della generazione grunge, ma anche altre canzoni del loro album più famoso “Nevermind” rappresentano un continuo riferimento al “male di vivere”, all’inutilità di una vita alienante. “Come as you are”, “In Bloom”, “Lithium”, “Polly”: tutti attacchi diretti al potere e al disagio giovanile. E tutte a firma Cobain.
La verità, però, è che pochi hanno capito gli abissi che si potevano spalancare in quell’anima dilacerata, pochi sono riusciti a capire il vero motivo del suo suicidio. In questo senso, la lettura dei suoi diari, delle sue sofferte e involute frasi, è un’esperienza che mette i brividi. Ne emerge un’anima contraddittoria, mai in pace con se stessa e segnata in buona sostanza da una forte disistima. Cobain si riteneva sempre “sbagliato”, “malato”, irrimediabilmente “diverso”.
Quel colpo di fucile in bocca arriva proprio nel periodo di maggiore successo della sua band, proprio dopo una registrazione “umplugged” (ossia acustica) per MTV che è rimasta nella storia e nel cuore di milioni di fan. Ricco, famoso e idolatrato, le sue canzoni stavano cambiando il volto della musica degli anni novanta, ma il leader dei Nirvana era ormai arrivato al capolinea, intossicato da anni dall’eroina.
Kurt Cobain è morto così a soli ventisette anni lasciando una moglie che lo amava e una figlia che non avrà la fortuna di conoscerlo. Come altre rockstar (come Jimi Hendrix o Jim Morrison), è rimasto ucciso dalla sua stessa fama, un mare in apparenza limpido e trasparente fatto di idolatria, di eccessi e di adulazione ma che sul proprio fondale lascia intravedere a chiare lettere la scritta “solitudine”.
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