20 Marzo 2024

30 anni fa l’assassinio di Ilaria Alpi: lavorava ad inchieste su rifiuti tossici e traffici d’armi tra Italia e Somalia

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(biografieonline.it) Nata il 24 maggio 1961 a Roma, Ilaria Alpi è stata una giornalista italiana del TG3, uccisa in Somalia assieme all’operatore Miran Hrovatin il 20 marzo 1994. Un commando, composto da sette persone, ha sbarrato loro la strada e ha aperto il fuoco. Si è trattato di un’esecuzione, anche se con gli anni si è cercato di screditare questa tesi.

La giornalista inviata del Tg3 Ilaria Alpi è stata uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme all’operatore Miran Hrovatin, mentre si trovavano a Mogadiscio Nord a bordo della loro auto con l’autista e la guardia del corpo, entrambi illesi. Un commando, composto da sette persone, ha sbarrato loro la strada e ha aperto il fuoco. Si è trattato di un’esecuzione, anche se con gli anni si è cercato di screditare questa tesi. Ilaria Alpi era una persona determinata, una «signora giornalista», come ricorda l’operatore Calvi, che l’aveva accompagnata in tutti i precedenti viaggi nella terra da lei amata (Somalia) e che cercava di proteggere dalle ruberie della Cooperazione, dai rifiuti tossici e soprattutto dalle armi. Ilaria Alpi ha tanto voluto quel viaggio, il settimo, l’ultimo. Doveva essere quello decisivo: «È la storia della mia vita, devo concludere, devo fare, voglio mettere la parola fine», aveva detto al suo collega Calvi mentre cercava di convincerlo a partire. Con lei invece il 20 marzo 1994, a Mogadiscio, c’era l’operatore Miran Hrovatin di Videoest di Trieste. Quello è stato il loro ultimo viaggio.

La Somalia ritrovata da Ilaria. Lei è tornata lì: è il 12 marzo 1994. È il suo settimo viaggio in Somalia, insieme a lei c’è Miran Hrovatin. Ci sono andati per seguire il ritiro del contingente italiano, ma non solo: ci sono andati per approfondire le notizie sui rifiuti tossici e il traffico d’armi sui quali la giornalista stava indagando. I nostri soldati il 20 marzo 1994, giorno dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, si preparano a lasciare la città. Sono andati in Somalia per una missione internazionale di pace (Restore Hope), decisa dall’Onu il 3 dicembre 1992 (risoluzione 794). Una missione che sarebbe dovuta servire a portare la pace lì dove Siad Barre con la sua dittatura durata anni ha portato la guerra: una guerra civile che prende le mosse nel gennaio 1991. Mogadiscio è divisa da una “linea verde” che la taglia in due: la parte nord è sotto il controllo di Ali Mahdi (clan Abgal), autoproclamatosi presidente ad interim della Somalia a Gibuti nel luglio 1991; la parte sud è sotto il potere di Mohamed Farah Aidid. In questa città, quel giorno maledetto, si “spegne” il senso di giustizia: quella giustizia cercata da Ilaria e Miran che non potranno più raccontarlo.

Fuoco contro Alpi e Hrovatin: è un’esecuzione. Il televisore è spento in casa Alpi il 20 marzo 1994. Uno squillo, alle ore 15, spezza il silenzio di una domenica pomeriggio, al telefono è una collega di Ilaria, Bianca Berlinguer: «Luciana, devo darti una brutta notizia… Ilaria è morta».

La stanza dell’hotel Sahafi: i giornalisti recuperano i bagagli. La telecamera è accesa e accompagna i giornalisti Porzio e Simoni all’interno delle stanze di Ilaria e Miran per recuperare i bagagli. Tra gli oggetti che prelevano e ripongono nei bagagli, ci sono quattro o cinque bloc-notes (sulla nave Garibaldi ne arriveranno 5, uno è quello con la copertina rossa recuperato da Marocchino sul luogo del delitto), la macchina fotografica di Ilaria, circa una ventina di videocassette girate da Miran. Dall’hotel i bagagli vengono trasportati sulla nave Garibaldi e consegnati ai militari, che fanno un inventario.

I sigilli violati. Il viaggio in aereo per trasferire le salme e i bagagli dei due giornalisti prevede più tappe: da Mogadiscio a Mombasa, in Kenia, da Mombasa a Luxor, in Egitto. Da qui le salme vengono imbarcate insieme ai bagagli ancora sigillati su un Dc9 per il rientro a Roma: a bordo c’è una delegazione della Rai formata dal presidente Claudio Demattè, dal direttore generale Gianni Locatelli, dal vicedirettore del Tg3 Angelo Galantini, dall’inviato Giuseppe Bonavolontà e un operatore, nonché Umberto Plaja, in rappresentanza del ministero degli Esteri. L’aereo arriva a Ciampino alle 2 di notte del 22 marzo 1994. L’autorità giudiziaria non è presente ma si procede lo stesso: le salme vengono trasferite dalle bare metalliche a quelle di legno, ciò per ottemperare a norme sanitarie. Le due salme vengono separate: quella di Miran procede il suo viaggio a Trieste, quella di Ilaria Alpi viene trasferita nella camera ardente allestita dalla Rai a Saxa Rubra. Né la borsa di Ilaria né la valigia hanno più i sigilli: mancano i documenti medici, manca l’elenco degli oggetti personali che è stato stilato sulla nave Garibaldi.

L’autopsia dimenticata. La salma di Ilaria Alpi, il 22 marzo 1994, viene sottoposta ad un esame esterno. Il consulente esterno scrive: “ferita penetrante al capo da colpo d’arma da fuoco a proiettile unico: mezzo adoperato pistola, arma corta […]“. Quanto ai mezzi che produssero il decesso, si identificano, in un colpo d’arma da fuoco a proiettile unico esploso a contatto con il capo. Il magistrato De Gasperis, primo a seguire l’inchiesta, ritenute esaurienti le risposte fornite dal medico, non dispone l’autopsia. Seguiranno un balletto di perizie contrastanti, che se una avvalora la tesi dell’esecuzione, l’altra la esclude. Sarà anche necessario riesumare il corpo per effettuare l’autopsia.

Depistaggi e conclusioni. In tutti gli anni seguenti si è cercato di depistare le indagini, a cominciare da chi era presente sul luogo dell’agguato che cambierà continuamente versione, si faranno scomparire documenti importanti e tutto per chiudere il caso. Un caso quello di Ilaria Alpi che ha visto succedersi quattro magistrati, sino ad arrivare alla conclusione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, Emanuele Cersosimo, che contrasta con quella fatta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta di febbraio del 2006 secondo la quale si è trattato di “un sequestro finito male”, che ha ristretto il campo d’azione sulla probabile pista da seguire, ovvero quella dell’omicidio su commissione. Si sa che Ilaria è stata uccisa da un commando di sette persone: l’unico “colpevole” è Ashi Omar Hassan, recluso al carcere di Rebibbia con l’accusa di concorso in duplice omicidio. Si sa che Ilaria Alpi è stata uccisa per impedire di diffondere le notizie da lei raccolte in ordine ai rifiuti tossici e ai traffici d’armi avvenuti tra Italia e Somalia. Si sa che si trattò di un duplice omicidio su commissione.

(Foto © CorrieredellaSera)

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