8 Febbraio 2024

L’8 febbraio 1888 nasceva Giuseppe Ungaretti, uno tra i più grandi poeti italiani

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(biografieonline.itIl giorno 8 febbraio 1888 nasce ad Alessandria d’Egitto il grande poeta Giuseppe Ungaretti, da Antonio Ungaretti e Maria Lunardini entrambi lucchesi. Nella città natale trascorre l’infanzia e i primi anni della giovinezza. La famiglia si era infatti trasferita in Africa per ragioni di lavoro. Suo padre, però, che lavorava come operaio alla costruzione del canale di Suez, muore in un incidente; la madre è così costretta ad arrangiarsi ma riesce a mandare avanti la famiglia grazie ai guadagni di un negozio della periferia di Alessandria. Il piccolo Giuseppe viene dunque allevato dalla madre, da una balia sudanese e da Anna, un’anziana croata, adorabile narratrice di favole.

Ormai cresciuto, frequenta l’Ecole Suisse Jacot, dove viene a contatto per la prima volta con la letteratura europea. Nel tempo libero frequenta anche la “Baracca rossa”, un ritrovo internazionale di anarchici che ha come fervente organizzatore Enrico Pea, versiliese, trasferitosi a lavorare in Egitto.

Si trasferisce in Italia con l’intenzione di andare in Francia per compiere studi di diritto a Parigi, per poi tornare in Egitto. A poche settimane di distanza si reca finalmente a Parigi, raggiunto poi da Mohammed Sceab, che muore però suicida qualche mese dopo. Si iscrive alla facoltà di lettere della Sorbona e prende alloggio in un alberghetto in rue Des Carmes. Frequenta i maggiori caffè letterari di Parigi e diventa amico di Apollinaire, al quale si lega con profondo affetto.

Malgrado la sua lontananza dall’Italia rimane comunque in contatto con il gruppo fiorentino che, staccatosi dalla Voce, ha dato vita alla rivista “Lacerba”. Nel 1915 pubblica proprio su Lacerba le prime liriche. Viene però richiamato e inviato sul fronte del Carso e su quello francese dello Champagne. La prima poesia dal fronte è datata 22 dicembre 1915. Trascorre l’intero anno successivo tra prima linea e retrovie; scrive tutto “Il porto sepolto” (raccolta che contiene all’inizio la poesia omonima), che viene pubblicato presso una tipografia di Udine. Curatore degli ottanta esemplari è “il gentile Ettore Serra”, giovane tenente.

Ungaretti si rivela poeta rivoluzionario, aprendo la strada all’ermetismo. Le liriche sono brevi, a volte ridotte ad una sola preposizione, ed esprimono forti sentimenti. Torna a Roma e su incarico del Ministero degli Esteri si dedica alla stesura del bollettino informativo quotidiano. Intanto collabora alle riviste La Ronda, Tribuna, Commerce. La moglie nel frattempo insegna francese. La difficile condizione economica lo induce a trasferirsi a Marino nei Castelli Romani. Pubblica a La Spezia una nuova edizione de “L’Allegria”; include le liriche composte tra il 1919 e il 1922 e la prima parte del “Sentimento del Tempo”. La prefazione è di Benito Mussolini. La raccolta segna l’inizio della sua seconda fase poetica. Le liriche sono più lunghe e le parole più ricercate.

Con il premio del Gondoliere del 1932, assegnato a Venezia, la sua poesia ha il primo riconoscimento ufficiale. Si aprono le porte dei grandi editori. Pubblica ad esempio con Vallecchi “Sentimento del Tempo” (con un saggio di Gargiulo) e dà alle stampe il volume “Quaderno di traduzioni” che comprende testi di Gòngora, BlakeEliotRilkeEsenin. Il Pen Club lo invita a tenere una serie di lezioni in Sud America. In Brasile gli viene assegnata la cattedra di Letteratura Italiana presso l’Università di San Paolo, che terrà fino al 1942. Esce l’edizione compiuta del “Sentimento del Tempo”.

Nel 1937 una prima tragedia familiare colpisce Ungaretti: muore il fratello Costantino, per il quale scrive le liriche “Se tu mio fratello” e “Tutto ho perduto”, apparse successivamente in francese in “Vie d’un homme”. Da lì a poco, per un attacco di appendicite malcurato, muore in Brasile anche il figlio Antonietto, di soli nove anni.

Rientrato in patria è nominato Accademico d’Italia e gli viene conferito un insegnamento universitario a Roma per “chiara fama”Mondadori inizia la pubblicazione delle sue opere sotto il titolo generale “Vita d’un uomo”. Gli viene consegnato da Alcide De Gasperi il premio Roma; escono il volume di prosa “Il povero nella città” e alcuni abbozzi di “La Terra Promessa”. La rivista Inventario pubblica il suo saggio “Ragioni di una poesia”.

Gli ultimi anni di vita del poeta sono intensissimi. E’ eletto presidente della Comunità europea degli scrittori e tiene, come visiting professor presso la Columbia University una serie di lezioni, stringendo fra l’altro amicizia con letterati e pittori beat del Village newyorkese.

In occasione degli ottant’anni riceve solenni onoranze da parte del governo italiano: a Palazzo Chigi è festeggiato dal presidente del Consiglio Aldo Moro, e da Montale e Quasimodo, con tanti amici attorno. Escono due edizioni rare: “Dialogo”, libro accompagnato da una “combustione” di Burri, piccola raccolta di poesie d’amore e “Morte delle stagioni”, illustrata da Manzù, che raccoglie unite le stagioni della “Terra Promessa”, del “Taccuino del Vecchio” e gli ultimi versi fino al 1966.

Viaggia negli Stati Uniti, in Svezia, in Germania. Nel settembre esce il volume mondadoriano che comprende tutte le poesie, con note, saggi, apparati delle varianti, a cura di Leone Piccioni.

Nella notte tra il 31 dicembre 1969 e il giorno 1 gennaio 1970 scrive l’ultima poesia “L’impietrito e il velluto”. Torna negli Stati Uniti per ricevere un premio all’Università di Oklahoma. A New York si ammala e viene ricoverato in clinica. Rientra in Italia e si stabilisce per curarsi a Salsomaggiore. Muore a Milano nella notte dell’1 giugno 1970.

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