20 Luglio 2023

Compie oggi 76 anni Carlos Santana, l’inventore del latin rock

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(biografieonline.it) Carlos Santana nasce il 20 luglio 1947 ad Autlan de Navarro, in Messico. La passione per la musica gli viene infusa da subito, grazie al padre che, essendo un “mariachi”, ossia un suonatore vagabondo, lo culla al suono di dolci e malinconiche melodie. In seguito, affiancando il padre nei suoi spettacoli, il primo strumento che imbraccia non è una chitarra bensì un violino.

Forse è a questa matrice che si può far ricondurre il suo amore per le note lunghe e tenute, sospirate e cantate, così caratteristiche del suo stile e che sono il suo inconfondibile marchio distintivo, uno stile che lo rende unico fra tutti i chitarristi elettrici. Dopo il violino, dunque, la chitarra, più facile da maneggiare, meno delicata e più adatta al repertorio popolare, ma soprattutto al nuovo genere che si stava imponendo nel mondo: il rock.

Di avere un lavoro fisso e regolare non gli passa neanche per la testa, una condizione ormai impensabile e virtualmente insopportabile per uno come lui cresciuto all’ombra di un padre randagio. Carlos trova invece la possibilità di esibirsi nei locali di Tijuana, un paese del Messico con un numero sufficiente di anime per assicurare una buona circolazione dei clienti. Negli anni ’60, la famiglia si trasferisce a San Francisco, dove il giovanissimo musicista viene a contatto con stili diversi che ne influenzano l’attitudine a mescolare i “generi”.

Nel 1966 la “Santana Blues Band” comincia ad acquisire una certa popolarità nel circuito dei locali, ma non solo. Forte di questa base di partenza, riesce a strappare il primo contratto discografico, quello grazie al quale esce il potente “Santana”, che, prima in sordina e poi via via sempre più in crescendo, riesce a vendere una considerevole quantità di copie, fino a diventare disco di platino.

Cominciano a fioccare le collaborazioni importanti: nel 1968, ad esempio, prende parte ad un progetto discografico con Al Kooper in cui Santana si ritaglia un ruolo di protagonista. Diventato ormai un “nome”, è candidato nella rosa delle possibili star che dovranno partecipare ad uno dei più grandi eventi musicali del secolo, la celebre kermesse di Woodstock, una tre giorni di pace, amore e musica (e anche droga, per la verità), che attirerà mezzo milione di persone.

E’ il 1969: Santana sul palco si scatena e offre una delle esibizioni più emozionanti della sua carriera. Il pubblico va in delirio: Santana è riuscito ad imporre la sua miscela di rock e di ritmi sudamericani che dà vita al cosiddetto “rock latino”.

Anche la componente mistica e religiosa non è trascurabile nella sua produzione. A partire dagli anni ’70 il musicista persegue senza battute d’arresto un percorso musicale permeato di elementi mistici e di ricerca sonora. In quegli anni esce “Abraxas” che, trainato da brani leggendari come “Black magic woman”, “Oye como va” e “Samba pa ti”, si piazza al numero uno della classifica americana per cinque settimane di seguito.

L’anno seguente esce “Santana III” (forse il suo capolavoro assoluto), che rimane al numero 1 negli USA per un mese e mezzo. Il musicista si prende una delle numerose “vacanze” dal gruppo per un disco dal vivo col batterista Buddy Miles, cosa non infrequente anche in seguito. Ben presto, però, emergono dei disagi. La sovrapposizione tra vicende del gruppo e carriera solista comincia a diventare problematica. Sul piano stilistico emerge un profondo mutamento di stile, tanto che il quarto album “Caravanserai”, assomiglia a una lunga suite vagamente jazzistica, fatto che induce alcuni tra i più “rockeggianti” collaboratori del momento a lasciare il gruppo per fondare i Journey.

Santana nel frattempo approfondisce sempre di più i suoi interessi nei confronti della spiritualità, e insieme al compagno di fede John McLaughlin (i due condividono lo stesso guru), realizza un album ispirato a tali tematiche, “Love Devotion and Surrender”. La carriera di Santana è un continuo oscillare tra progetti di fusion con amici come Herbie Hancock e Wayne Shorter e rock più ortodosso, quello preferito dal pubblico. Negli anni ’80 vedono la luce altre incisioni con ospiti prestigiosi, un tour con Bob Dylan e la colonna sonora de “La Bamba” (1986).

Nel 1993 fonda una propria etichetta, la Guts and Grace mentre nel 1994 torna simbolicamente a Woodstock per il 25ennale del festival che lo lanciò; inoltre, incide “Brothers” con il fratello Jorge e il nipote Carlos. Nel 1999, con alle spalle più di 30 milioni di dischi venduti, cambia casa discografica, e con alcuni ospiti prestigiosi provenienti dall’ambito hip-hop incide “Supernatural” (etichetta Arista), uno strepitoso successo che lo porta a vincere il Grammy Award. Un prestigioso riconoscimento, non c’è dubbio, anche se, per gli antichi fan, l’anziano chitarrista sembra ormai irriconoscibile e irrimediabilmente prono alle esigenze e alle strategie dell’industria “commerciale”.

I suoi ultimi lavori sono “Shaman” (2002) e “All that I Am” (2005), ricchi di ottima musica e ospiti illustri. Il trentaseiesimo album di Carlos Santana si intitola Shape Shifter ed è pubblicato il 15 maggio 2012. Il cd contiene 13 brani di cui 11 scritti dal chitarrista, ed è visto dalla critica come un ritorno alle vecchie sonorità.

(Foto © Facebook Page Carlos Santana)

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