29 Aprile 2014

Luino sarebbe in grado di affrontare “un’emergenza tossica” causata da un incidente su treni merci?

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Sono mesi che si sente parlare di “AlpTransit” nell’alto varesotto. Il progetto svizzero, per la nuova linea ferroviaria alta velocità, permetterebbe ai treni merci di raggiungere il nord Italia, provenienti dall’Europa, in tempistiche molto più brevi. Quest’opera, però, porterà il passaggio di convogli merce con maggior frequenza. Ma cosa contengono i container dei treni merci che transitano nel nostro territorio? E soprattutto, Luino sarebbe in grado di affrontare un’emergenza tossica in caso di un incidente di questo tipo? 

(delta-november.it)

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“L’AlpTransit sarà un’opera importante per il territorio”: è questo quello che viene affermato dalle autorità competenti e dai politici italo-svizzeri in quest’ultimo periodo. Se da un lato, probabilmente, il turismo non beneficerà appieno del progetto, dall’altro l’aumento del trasporto su rotaia potrebbe portare un miglioramento di tutta la linea che collega Bellinzona a Milano. Ciò potrebbe significare per i passeggeri, nel caso in cui tutto andasse tutto come da progetto, viaggi più frequenti con una durata minore. Ma i problemi della popolazione dell’alto varesotto, e nello specifico dei nove comuni rivieraschi della Comunità Montana Valli del Verbano, dove passa la linea ferroviaria, tra cui Luino, sono molteplici: ad affiancare le criticità legate alla viabilità c’è anche la preoccupazione dell’aumento del passaggio di treni con sostanze merci, anche pericolose, che incrementeranno con la realizzazione dell’AlpTransit lungo la linea Bellinzona-Luino-Laveno Gallarate/Novara. Infatti, come già accade ormai da anni, il passaggio delle sostanze pericolose avviene principalmente in direzione di Gallarate ed è effettuato giornalmente con treni cargo provenienti dalla Svizzera e dalla Germania (terminal ferroviari di Aarau e Basilea in terra elvetica, Duisburg, Colonia e Ludwigshafen in lande teutoniche). In gran parte, più del 70% circa, sono diretti al terminal intermodale di Busto Arsizio, di proprietà della ditta elvetica “Hupac”.

Nel “Piano di Emergenza Comunale” della Protezione Civile, redatto nel marzo 2013, ed approvato dal Comune di Luino, si spiega che il traffico in arrivo dalla Svizzera è principalmente composto da container e semirimorchi stradali. Al loro interno c’è un quantitativo ed una varietà notevole di merci, anche pericolose: in particolare queste ultime sono sostanze che per natura possono comportare rischi rilevanti in seguito ad ipotetici incidenti, esplosioni o rilasci tossici. Le sostanze pericolose, transitanti per via ferroviaria, variano di anno in anno e di giorno in giorno, anche se i trend, rispetto gli anni precedenti, sono in aumento, data la volontà delle società Ferroviarie di intensificare i transiti di treni merci, lungo la linea, anche grazie alla realizzazione dell’AlpTransit.

Una fuoriuscita di queste sostanze, nel caso in cui si verificasse qualche incidente, tanto indesiderato quanto urgente da risolvere, potrebbero portare ad uno stato di emergenza per tutta la popolazione presente in loco: infatti, questi elementi potrebbero rilasciare al suolo liquidi tossici, creare nell’aria nubi tossiche ed esplosioni di diverso genere. A livello nazionale, le sostanze maggiormente trasportate per tonnellaggio sono l’ammoniaca (gas liquefatto, tossico ed infiammabile), il benzene (liquido infiammabile), il cloro (gas liquefatto molto tossico ed infiammabile), il GPL (gas liquefatto ed infiammabile) e l’ossido di etilene (liquido pressurizzato tossico ed infiammabile). Le sostanze pericolose trasportate sulla rete ferroviaria nazionale sono quasi 600.

I trasporti internazionali ferroviari sono regolamentati dal RID, documento che fa riferimento alla Convenziona COTIF adottata a Berna il 2 maggio 1980 e ratificata dall’Italia con la L.18.12.84 n. 976. Ma in caso di incidente da trasporto di sostanze pericolose, come già avvenuto in passato, una delle difficoltà ricorrenti riguarderebbe l’individuazione rapida delle sostanze coinvolte. Infatti, in un’ipotetica quanto scongiurabile situazione, se i container, o le ferrocisterne, non prendessero fuoco o non esplodessero, la pannellatura riportata sul carico (unificata a livello europeo) permetterebbe il riconoscimento della sostanza trasportata: in primis per capire l’effetto della fuoriuscita della sostanza e poi per rendere più “facili” le operazioni di intervento e di soccorso.

Gli scenari di rischio, ipotizzabili e relativi alla movimentazione di merce pericolosa lungo la linea ferroviaria Bellinzona-Luino-Laveno e Gallarate/Novara, possono variare molto per effetti e conseguenze in ragione di diversi fattori, tra cui: la presenza di elementi vulnerabili nelle vicinanze dell’incidente, la natura dell’incidente (deragliamento, o sversamento di sostanze pericolose), la natura delle sostanze coinvolte, il quantitativo di sostanze sversato, l’entità del danno subito, la presenza di ulteriori fonti di innesco dell’incidente, le condizioni metereologiche, le tempistiche e l’efficacia dei soccorsi e, soprattutto, infine, gli strumenti e le attrezzature per fronteggiare l’emergenza.

Esplosioni per forte riscaldamento, decomposizione o polimerizzazione delle sostanze, propagazione di fumi, produzione gas tossici, irritanti o corrosivi, reazioni violente al contatto con l’acqua, deflussi delle fognature da evitare o contaminazioni delle sostanze nelle acque. Sono questi i possibili rischi per la popolazione dell’alto varesotto nel caso in cui si verificassero incidenti con “dispersione” delle sostanze pericolose sopra citate.

A partire dal 2002 si sono verificati diversi incidenti sulla linea ferroviaria dell’alto varesotto che hanno creato non poco allarmismo e preoccupazione in tutta la popolazione della zona. A Luino, in passato, si sono verificati uno sversamento casuale di un solvente Shell da una ferrocisterna, una fuoriuscita di acetato di metilene (sostanza tossica ed altamente infiammabile) ed uno sversamento di triplopilene. A Laveno Mombello, invece, una fuga di argon alla stazione ha creato particolari grattacapi alle autorità di soccorso impegnate nel “domare” l’emergenza. In tutti questi casi i danni sono stati molto relativi, ma l’attenzione mediatica sull’accaduto e, soprattutto l’allarmismo e la preoccupazione tra i cittadini hanno reso questi incidenti molto “sentiti” al confine tra Italia e Svizzera.

Infine, c’è un ultimo problema, ma senza dubbio quello più importante: la gestione della situazione d’emergenza. Questi incidenti, infatti, hanno permesso alla popolazione ed agli addetti ai lavori, di apprendere che i Vigili del Fuoco della caserma di Luino, situata in via Don Folli, dispongono di dispositivi di protezione individuali, di mezzi e di risorse sufficienti per gestire solo tempestivamente un’emergenza chimica. I primi, con attrezzature idonee più “tecniche”, ad intervenire in determinate situazioni e dinamiche d’urgenza, sono i Vigili del Fuoco di Varese ed eventualmente il nucleo NBCR di Milano, specializzato in emergenze di questo genere. Il tempo necessario affinché questi riescano ad arrivare allo scalo di Luino e nelle zone limitrofe per intervenire si aggira alle due ore. In questo modo i Vigili del Fuoco di Luino potrebbero essere costretti a mettere a repentaglio la propria incolumità, nel tentativo di adoperarsi per “contrastare” le istantanee conseguenze dell’incidente.

E pensare che a pochi chilometri, oltre confine in Svizzera, la ferrovia ticinese finanzia ed investe nelle attrezzature da fornire ai Vigili del Fuoco per affrontare al meglio qualsiasi tipo di emergenza. In Italia, invece, non solo scarseggiano i fondi per equipaggiare ad hoc i distaccamenti locali, ma si è già pensato a possibili convenzioni con la ferrovia svizzera: in caso di situazioni particolari, però, il primo intervento urgente “spetta” ai Vigili del Fuoco di Luino, che in estreme situazioni ipotizzabili potrebbero mettere anche a rischio la loro vita.

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